“Tutto il paese, casa per casa, ha festeggiato il suo debutto. Casteldaccia si è illuminata a giorno. E domenica, Luca ha regalato la maglia indossata a Brescia alla mamma, tra baci e lacrime di commozione. Poi le ha sussurrato: «Lo sai, ci tenevo, speriamo che sia solo l’inizio …». “VAI LUCHINO … VAI!”. Ne è passato di tempo! Era l’incitamento di Mario, insieme papà e allenatore. Luchino correva verso il sogno. Aveva nove anni e ne ha atteso dodici per immortalare quel giorno, in un “Palermo dei palermitani”, tre picciotti nella stessa partita: lui, appunto, La Gumina e Accardi, altro ex pulcino diventato adulto. Sembrava un revival della favola di Ignazio Arcoleo metà anni novanta, 12 palermitani su 15 siciliani, la metà dell’intera rosa. Altri tempi. La prima ha visto un Palermo tutto straniero, poi Tedino ha precisato che «una squadra di picciotti oggi sarebbe impossibile». Ma ha promosso Fiordilino «come esempio e per la personalità mostrata». Doppia felicità. «Sono entrato in campo carico e concentrato, non ho pensato ad altro che ai miei compiti, però prima di andare a letto ho rivisto le immagini dell’ingresso in campo e ho avvertito un brivido. Questo è un anno speciale per me. Dopo le esperienze di Cosenza e Lecce, sono orgoglioso di essere inserito in questo progetto. Tocca a me ricambiare la fi ducia». LA FAMIGLIA. Molti calciatori sono figli d’arte. Luca è uno di questi. La famiglia vive a Casteldaccia, 20 km da Palermo, mare e montagna. Mario e Margherita, i genitori, lui impiegato statale, di Casteldaccia, lei biologa della vicina Altavilla, si sono conosciuti a Bagheria sui banchi di scuola. Luca ha preso la maturità come geometra presentando una tesi sulla costruzione del Barbera. E la … laurea con il calcio studiando con i racconti di nonno Antonio che gli regalò il primo pallone e del nonno paterno Giacinto, terzino sinistro del Casteldaccia; con la passione del papà, ala poi centrocampista, e del fratello Alberto, oggi ingegnere aerospaziale, ieri terzino destro del Bagheria. Una dinastia di calciatori. «Già a sei anni – racconta il padre – voleva giocare con noi. Prese palla e lanciò di esterno suo fratello. Istinto puro. Allenavo il settore giovanile, Luca mi correva dietro. Poi fece un Milan Campus ad Alcamo con Ganz che lo volle a Milano per un provino. Fu scelto ma era troppo piccolo. Il Palermo bruciò la concorrenza. Quando telefonarono, pensavo volessero Alberto, il più grande. Risposero: «No, il bambino …». LE VELINE E IL SEGRETO. «Luca e Nino La Gumina sono amici – svela la madre -, dal provino in rosa. Nino biondissimo, pacioccone col caschetto, Luca esile e scuro. Noi mamme scherzavamo: «…Entrano le veline». Sono cresciuti insieme, li chiamavano “Il Sette e l’Otto”, come nel film di Ficarra e Picone. Un segreto di Luca? E’ devoto di Padre Pio. Da piccolo, ovunque andasse diceva: “C’è Peo”. Prega e si affi da a lui». Ma perché il sette? Alberto interviene: «Ha voluto il numero che papà indossava nel Casteldaccia. Ora ha il 21. Gliel’ha dato Bosi. «Ti piace?» Gli chiese il tecnico e Luca: «Sì, mi ricorda Pirlo …». E Bosi: «No caro, lo portava il sottoscritto e tu mi assomigli». Luca è fi danzato con Catia che studia marketing e management dello sport in Germania ma è fi glia di Casteldaccia. Luca ha sempre tifato Palermo tranne una piccola infatuazione per l’Inter. Il suo esempio? Corini. «E’ una sensazione stupenda ritrovarsi in prima squadra con La Gumina e Accardi, speriamo che questa amicizia possa traghettare in A. Giocare per il Palermo è qualcosa in più. La squadra dovrà riportare entusiasmi e calore perché il Barbera torni quello di una volta. Il nostro magazziniere Pasquale se n’è uscito con un proverbio: “Il cavallo buono si vede a lungo tiro”. Ha ragione. La B è lunga, siamo proprio un cavallo buono. E vinceremo»”. Queste le parole dei familiari di Luca Fiordilino, riportate sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.