“Dicono che il suo calcio sia divertente, propositivo. E ieri si è anche visto. Che se fosse per lui giocherebbe con i centrocampisti anche in difesa, perché ama impostare, non buttar via. E pensare che prima di approdare nel professionismo, Fabio Grosso si è addestrato ad una delle più grandi scuole giovanili del calcio italiano: la tradizione della Renato Curi è quarantennale e ha rappresentato un serbatoio e una eccellenza non solo abruzzese, ma italiana. Ieri saltava come un bambino nello spogliatoio dello Stadio dei Pini. Saltava, li abbracciava, come un ragazzo tra i ragazzi. In fondo, a 38 anni, ci vuole poco a tornare ragazzi, a farsi contagiare dall’entusiasmo di una vittoria. Anche per uno che ha vinto: come Fabio Grosso. Lo sguardo era indubbiamente meno incredulo di quel 4 luglio 2006 a Dortmund, quando il tiro a giro quasi inventato ha spezzato l’equilibrio della semifinale mondiale con i tedeschi e ci ha portato a Berlino. Ieri c’era una consapevolezza diversa negli occhi di Fabio Grosso, l’allenatore della Juventus Primavera. Dieci anni fa quella botta di adrenalina tra Dortmund e Berlino. Lei calciatore e grande protagonista, tra il gol dell’1-0 alla Germania e il quinto rigore, quello che ci consegnò la Coppa, alla Francia. Dieci anni dopo il primo trofeo da allenatore. Grosso crede ai segni del destino? «Non ci penso, sono stato abituato a vivere il quotidiano, a lavorare su quello e poi a metterlo alle spalle. Non so se c’è un segno. Volevo vincere con i miei ragazzi e ce l’abbiamo fatta». E’ stato faticoso. Con un secondo tempo sofferto perché il Palermo di Bosi vi ha creato difficoltà. Però alla fine… «Dopo il primo tempo che avevamo fatto poteva starci di soffrire un po’ nella ripresa. In effetti è stato così, ma alla fine abbiamo portato a casa la vittoria e la Coppa. Siamo felici». E adesso? C’è il Triplete da inseguire all’orizzonte. Quanto la attira l’idea? «E adesso sappiamo che la vittoria della Viareggio Cup domani sarà già nell’album dei ricordi indelebili e bisognerà andare avanti. Il triplete? Ve lo ho detto, vivo alla giornata. Noi dobbiamo solo andare avanti bene, proponendo il nostro calcio». Il suo vecchio Palermo le ha dato una gioia. E lei gli ha dato un dolore… «Beh, il dolore me lo avevano dato a maggio del 2015, buttandoci fuori dalle finali scudetto». Una rivincita? «No, non amo le rivincite. Solo una gioia». Tutti bravi i suoi ragazzi ma in particolare… Ce ne dice un paio? «Macché, prendete la lista e scrivete l’elenco. Tutti bravi». E’ la prima vittoria da allenatore… «Beh, sì. Non nascondo che la ricorderò volentieri. Ma è dei ragazzi. Di chi ha giocato e di chi non ha potuto esserci per gli infortuni»”. Questo quanto riportato dall’odierna edizione de “Il Corriere dello Sport”.