Corriere dello Sport: “Grave malattia. L’angoscia di Wanda «È crollato il mondo»”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su Wanda Nara.
In un momento o in un altro, quando lei era al culmine dello splendore fisico e della felicità terrena o proprio adesso che ha confessato di essere affetta da una tremenda malattia del sangue o in uno qualsiasi dei suoi periodi di gloria e di umano tremore, tutto il mondo ha finito per innamorarsi di Wanda Nara. Diciamo mezzo mondo, dai, così chiunque può scegliersi la parte in cui stare. Ma l’amore, la simpatia, l’affetto, l’ammirazione lei è sempre stata in grado di attirarle e trattenerle a lungo, stella di gravità schiacciante: per l’aspetto, per l’intelligenza delle battute, per la varietà di vite che ha conosciuto e mostrato, capace com’è di essere artista e imprenditrice, attrice e umorista, ammaliatrice e urticante, madre e moglie e agente calcistica e icona d’indipendenza, un multiverso femminile che non raccoglie tutte le infinite sfaccettature possibili dell’essere donna, ma certamente ne contiene abbastanza da risultare pressoché inesplorato. Ha sempre avuto un talento di scorta, Nara, e preghiamo ne abbia uno anche per questa fase dolorosa della sua esistenza, in cui affronta la sofferenza, il timore, i dubbi e la sostanziale solitudine di chi deve guardare in faccia il pericolo vero, che è diverso e spaventoso e improvviso. Anche se molti parlano di leucemia, lei non lo fa ed è suo il diritto di scegliere quando rivelare tutto e a chi. Soltanto Nara conosce l’oggetto e il momento.
Per ora ha ammesso di avere ricevuto dalla biopsia una diagnosi non benevola, giovedì scorso, dopo che per diverse settimane si erano accumulate voci e deduzioni e schegge di indizi rintracciate sui social e messe insieme a casaccio. Wanda ha parlato attraverso Angel De Brito, il giornalista argentino che meglio di ogni altro la conosce e che ha letto in Tv alcuni messaggi: «Sono sotto shock – ha svelato Nara – Però sto bene. Cerco di prendere coscienza di ciò che mi sta succedendo. Nessuno mi diceva niente, le infermiere entravano piangendo nella mia stanza. Alla fine ho ascoltato la diagnosi in televisione. Sono andata nel panico. I miei figli piangevano perché sui media chiunque azzardava la sua opinione e loro leggevano e ascoltavano. Io mi facevo forza, ma la famiglia era distrutta. Sentivo che il mio mondo stava andando in pezzi ».
Tutto era cominciato con un malore. E la corsa in un ospedale di Palermo, il quartiere di Buenos Aires che Jorge Luis Borges ha cantato, riempiendolo di poeti sognanti, tavoli da gioco in penombra, angoli musicali, camionisti in vena di elegie. Da lì Nara è passata attraverso i ricoveri in due strutture sanitarie, lo sgocciolio esasperante degli esami medici, l’ansia dei referti. Per arrivare, lo racconta Wanda stessa, alla sorella Zaira rientrata in fretta dalle vacanze, alla madre sdraiata in terra sopraffatta dall’angoscia, al marito Mauro Icardi che voleva lasciare il calcio, stare accanto a lei, a quell’amore ritrovato dopo un anno di distanza, forse di tradimenti, certamente di rancori e di pratiche per il divorzio sospese, riavviate, bloccate.
È la vita che non smette mai di scovarci e sorprenderci, per quanto ci nascondiamo. Va afferrata per la criniera, poco da fare. «Sto morendo e non me lo dicono », sussurrava disperata Nara a Icardi. Due giorni fa era insieme con lui e con i figli nello stadio del Galatasaray, perché Mauro aveva appena rinnovato il contratto con la squadra turca. L’urlo compatto del pubblico è stato saluto e speranza e preghiera.
Ora Wanda Nara torna a Buenos Aires per curarsi. Al Fundaleu, il secondo istituto in cui è stata ricoverata, specializzato in malattie del sangue. Non a Milano, dove ha avuto un medico di fiducia sin da quando, nel 2010, arrivò in Italia con il primo marito Maxi Lopez. Ci aveva pensato, ma in questi casi è sempre meglio avere intorno medici della propria madrelingua: sentirsi a casa, non semplicemente a proprio agio. Anche se mezzo mondo si è infatuato di te. Anche se porti con te il tuo spazio vitale. A De Brito ha confermato di conoscere la malattia che ha, con nome e cognome. Ne riparlerà . Intanto ha già detto abbastanza da farci unire alla preghiera che si è alzata a Istanbul.