“Giovanni Giammarva, il Palermo non è fallito. «Non doveva fallire come emerso dal provvedimento finale. Il valore sociale della decisione è meraviglioso. La città temeva che il il calcio scomparisse, malgrado il mio ottimismo. Il Tribunale ne ha rilanciato le prospettive». In che senso? «Nonostante lo tsunami della retrocessione, l’indignazione della tifoseria, quattro mesi di pendenza fallimentare che portavano come conseguenza porte chiuse da parte di tutto il sistema cioè operatori fi nanziari, fi ducia e calcio mercato, la società è più viva che mai, segno di autentica solidità». A prescindere dall’apporto del commercialista Giammarva, qual è l’impegno personale e umano del presidente … Giovanni? «Ho ereditato dai genitori il valore dell’onestà, presupposto imprescindibile della “vera” legalità . Ho avuto la fortuna di respirare la stessa aria e di condividerla in una famiglia che ne rappresenta il simbolo. Quando mi si associa a Giovanni e Maria Falcone, oltre a provare orgoglio, sento la responsabilità di onorarne memoria e speranze». Nel mirino della Procura le aziende del gruppo Zamparini? «Non immagino uno scenario del genere. So che la Procura si basa su elementi che poi vengono vagliati dai Tribunali. Se mi chiedete se abbia Zamparini nel mirino, vi rispondo: “No”. Questa Procura non va avanti per simpatie o antipatie». Per Parma, Zamparini ha urlato la sua protesta. «Ha ragione. Ho provato come un senso di vergogna nel vedere il Palermo trattato in quel modo. Tedino e i ragazzi si sono trovati nell’occhio del ciclone con il punto interrogativo del fallimento, senza l’appoggio dei tifosi e delle istituzioni, ma con forza e carattere hanno superato ogni ostacolo. Una squadra straordinaria. Da A. Lo dimostrerà contro il Pescara». Resta? Non resta? «Non sono legato alla poltrona, sarò presidente fi nché necessario. Intanto, vorrei portare a termine il progetto per cui sono diventato presidente: una grande società e una squadra di A, per dare alla città quello che merita». All’inizio faceva fatica ad identificarsi con il nuovo ruolo. Ed ora? «Lo stesso. Mi chiamavano presidente e non mi giravo. Gli inservienti mostravano imbarazzo quando chiedevo il permesso di entrare in campo. Allo stadio arrivo a piedi, biglietto in mano e faccio la coda. “Ma come, si mette in fila?”, la domanda. Ho risposto: “E voi?”. Non voglio privilegi». Non è un caso che dal sindaco alla Confindustria, solo dopo la decisione del Tribunale, tutti si siano dichiarati “pronti ad aiutare Zamparini per tornare grandi”. «Almeno il presidente di Confindustria ha sempre seguito le partite. Gli altri, tranne magistrati e forze dell’ordine, non si sono mai visti. E ci hanno lasciati soli in questa tormentato periodo. Prendo in prestito una frase di Gandhi: “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”. È quello che abbiamo fatto». L’ipotesi di una cordata di casa nostra è attendibile? «Il calcio è un settore che chiede ritorni e visibilità. In Sicilia, esistono imprenditori seri, disposti a misurarsi con un progetto calcistico. Mi auguro anche come partners dell’attuale società. Qualora ci fosse una modifica dell’assetto e si individuasse nel sottoscritto la persona cui delegare la responsabilità morale dell’aggregazione e della gestione aziendale, mi renderei disponibile per continuare la mia funzione di garanzia». Zamparini ha dichiarato: “La squadra è dei tifosi”. È un’affermazione che regge? «Le faccio un esempio forte. Dio non è della Chiesa, ma dei credenti. Ma è la Chiesa che aggrega. Allo stesso modo, una società di calcio è della città. Che la vuole, ne ha bisogno e impazzisce per i colori e i suoi idoli».
Sarà l’ultimo anno del patron? «Per la città, spero di no perché conosco le qualità dell’uomo, dell’imprenditorie e dello sportivo. Per lui, di sì, se lo ha deciso. Una sua mano dall’esterno sarebbe comunque indispensabile»”. Questa l’intervista integrale di Giovanni Giammarva ai microfoni de “Il Corriere dello Sport”.