Corriere dello Sport : “Gazzi: «Vi racconto il mio Palermo». L’impatto: «A Palermo ci sono tutte le sfumature del sud: sole, mare gente più calorosa. Mondello? Il top»”
“Aeroporto Falcone Borsellino di Palermo. Il nuovo capitolo della mia esperienza professionale. Il sole dell’ora di pranzo brucia il legame con il recente passato granata. Ora sei rosanero Alessandro, tranquillo, presto ti abituerai ai nuovi colori. Ed eccomi nello spogliatoio. Saluto i compagni uno ad uno. I loro volti, giovani, concretizzano le mie aspettative: sono tra i più esperti, potrò dar loro una mano. Nuovi colori, nuova squadra. Nuova luce. LE PRIME IMPRESSIONI di un diario ancora segreto che svelerò sul mio blog. Inimmaginabile fino a qualche tempo fa. E’ la sfida vinta contro l’introversione, la timidezza e i silenzi del mio essere. Una valvola di sfogo creativa. Sono nato il 28 gennaio, come Buffon. Niente in comune: lui della Juve, io del Toro! Ora s’inizia un’avventura a tinte rosanero, dopo quattro anni a Torino. Indossare quella maglia è come caricarsi sulle spalle glorie e tragedie del Toro. Palermo ha altri simboli, un personalissimo stile di vita che mi affascina. Un mondo al quale debbo abituarmi. La mia anima calcistica è maturata però anche Bari e Reggio Calabria. Mia moglie è di Palestrina non di Milano. A Palermo ho trovato le sfumature del sud: sole, mare, gente più calorosa. I capelli rossi e la pelle bianca la dicono lunga sul mio rapporto con il mare. Non è che lo ami alla follia ma quando ho visto Mondello mi ha fatto una grande impressione e penso di prendere casa a due passi dalla spiaggia. CORRO, PENSO, SCRIVO. Corro in campo, penso con la mia testa, scrivo nel web per esprimere ciò che sono. E quella foto con con un mondo giallo in mano? Un palloncino di plastica. Mia moglie l’ha scattata proprio nel momento in cui era tondo perfetto, mi è piaciuta e ho deciso di metterla come sfondo sul sito perché rappresenta le nostre anime. Io perfettino come quel pallone senza sbavature, lei estroversa e imprevedibile. Stavamo facendo un corso di foto, naturalmente è stata lei a spingermi 14 STORIE DA MEDIANO, titolo che colora la mia penna sul web sono un miscuglio di ricordi, di quando bambino giocavo con i ragazzi piu grandi e in panchina avevo il 14 sulle spalle. Lo stesso numero di Bruce Harper e di Julian Ross, protagonisti di Holly e Benji, eroi calcistici di un cartone giapponese arrivato in Italia quando avevo tre anni, il pallone come migliore amico. Il 14 di Maradona, di Cruijff e Rivera immortalati in una video cassetta di papà con immagini di grandi campioni del passato e di epiche sfide. FELTRE E L’INFANZIA divisa tra calcio, scuola e famiglia. Il calcio mi ha rapito. Ci allenavamo nel campo del paese, all’oratorio, sulla ghiaia o sui prati, nei giardini di casa dei vicini. Dove capitava. Timido e introverso, sto cercando pian piano di aprirmi. Il mio carattere? Paura di non essere all’altezza? Già raccontarmi è quasi incredibile… passi enormi. Prima in mezzo a tante persone mi sentivo in imbarazzo. Nello spogliatoio per esempio, non in campo. Neppure la presenza di un campione mi intimidisce. FRANCESCO E’ IL NOME DI PAPA’, faceva l’allenatore dopo aver giocato come dilettante, da esterno. E’ stato anche il mio mister tra pulcini ed esordienti, alla Plavis, la squadra di Santa Giustina. Tifoso interista, io invece milanista ma col passare degli anni la passione è scemata. Da ragazzino stravedevo per Van Basten, poi sono passato a Zidane… Nessun confronto possibile, sono stato solo modello di me stesso. Francesco è stato un padre molto rigido, mi ha insegnato che nella vita ci vogliono dedizione e sacrificio per raggiungere risultati e obiettivi. Dolores, mia madre, altra figura importantissima, lei voleva che guardassi dentro di me per riflettere. Mio padre pratico, lei cerebrale. Fantasia? Non credo di esprimerne molta in partita; sogni, emozioni invece tanti, soprattutto se torno bambino. A sei, sette anni volevo diventare un grande calciatore, papà e mamma mi spiegavano quanto fosse complicato e avevo deciso di mollare tutto. Poi ho fatto di testa mia. DEBORAH, MIA MOGLIE, istinto allo stato puro. Opposti che si incontrano, fatale. E’ stata lei a conquistarmi, a fare il primo passo. Per fortuna, altrimenti starei ancora cercando le parole. Ci siamo conosciuti quando giocavo nella Lazio, 18 anni, non ci siamo più separati. Abbiamo tre bambine. Una famiglia numerosa il mio sogno: Camilla, otto anni, Nicole, sei, ed Emily due. Mi seguono giusto quando gioco, in maniera svogliata. Il calcio è roba da maschi. Dove vivremo? E chi lo sa? Ho base vicino a dove abitava mia moglie ma ci sto troppo poco per considerarla casa. Non ho al momento un posto in cui tornare. In famiglia, le donne vincono cinque a due. Mia sorella Rebecca, tre anni piu giovane, è laureata in matematica e ha praticato calcio, sci e pallavolo. Anch’io a scuola andavo bene, ho fatto l’Itis indirizzo informatico, e sono uscito con 80. I miei mi hanno spiegato l’importanza di avere una cultura. MI CHIEDONO: PERCHE’ PALERMO? Seguo le emozioni. A 33 anni c’è sempre da migliorare, un minimo di tensione è necessaria per raggiungere risultati. Avevo un anno di contratto ma dopo un paio di colloqui con l’allenatore ho capito che era giunto il momento di cambiare. E ho scelto Palermo perchè c’è un obiettivo da raggiungere, la salvezza. Sono motivatissimo, ci sono tanti giovani dovrò aiutarli a migliorare. Ora che sono più vecchio divento un maestro di vita. Come papà. Imparerò un po’ di inglese, cercherò di capire le loro esigenze, li metterò in guardia dalle difficoltà di una stagione in A. Domenica si parte. Sassuolo? Un avvio affascinante. Noi al servizio dei giovani, i giovani per stupire. UN RICORDO DELLA MIA INFANZIA? C’era una sedia ricavata da un tronco d’albero che stava accanto alla mia porta di ingresso, con una specie di incavo naturale dove si era formato un buco nel quale cercavo le formiche. Hobby? Quando ho tempo ascolto musica, guardo film, mi ero iscritto all’università, al Dams, e ho dato qualche esame. I film? La mia passione. Uno dei capolavori, “La sottile linea rossa”, quella che esiste tra lucidità e follia; poi mi piace il cinema di Lynch dalla forte componente surrealista, con sequenze angosciose e oniriche, immagini crude e strane e un sonoro suggestivo. E quello di Hitchcock, maestro del brivido. Da cui prendo una frase per descrivere il mio Palermo: «C’è qualcosa di più importante della logica: l’immaginazione!». Immaginatevi che il Palermo”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.