L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla ribellione di Galli nei confronti della Fifa e della Lega.
Gli agenti del calcio passano al contrattacco, rispondendo direttamente alla Fifa. Mesi fa Infantino ha iniziato una battaglia per ridurre i compensi dei procuratori e limitarne il raggio d’azione. Ha riscosso l’approvazione del Parlamento europeo, ma non quello dei diretti interessati, contrari alla riforma così com’è concepita. La conferma arriva da Beppe Galli, presidente dell’Aiacs, l’Associazione Italiana Agenti Calciatori e Società che raggruppa circa 100 professionisti.
«La riforma è benvenuta» spiega Galli «ma ci piacerebbe sapere come mai nell’aprile 2015 la Fifa stessa ha deciso per la deregulation della nostra categoria, abolendo l’obbligo dell’esame per l’accesso alla professione. I lettori non sanno che gli stakeholders del calcio (Fifpro e rappresentanti dei club, ndr) che ora si lamentano del sistema e fanno le vittime, hanno votato all’unanimità per la cosiddetta deregulation. Inoltre è passata l’abolizione del TPO (Third Party Ownership, ovvero la proprietà di una percentuale del cartellino da parte di una società privata, ndr) che invece sopravvive, ma in maniera selvaggia. Ben venga una riforma condivisa e non da regime totalitario. Una riforma della quale nessuno avrà la certezza che non possa essere bloccata e cancellata da un qualsiasi tribunale mondiale».
Cosa vi disturba maggiormente tra i cambiamenti ipotizzati? Il fatto che un agente potrà lavorare solo per una delle parti in causa (giocatore o una delle società)? Il limite imposto alle commissioni o l’obbligo di inserire tutte le procure tramite la Camera di Compensazione? «Ci disturba che non sia una riforma condivisa. Gli agenti non hanno rifiutato nulla a priori, ma hanno solo chiesto che la riforma rispettasse la realtà della professione. Il Coni, la Figc e il governo hanno potuto verificare la nostra buona volontà. L’Efaa (Associazione europea degli agenti) aveva chiesto alla Fifa che tutte le cifre delle transazioni fossero pubbliche, ma il suggerimento non è stato recepito. L’Aiacs-Assoagenti ha chiesto in primis la trasparenza sia al Coni, sia alla Figc, nonché in occasione delle audizioni in Commissione Cultura della Camera dei Deputati e del Senato, nelle fasi preliminari alla stesura della normativa di riforma dello sport».
La Fifa ha detto che sta coinvolgendo nel processo di cambiamento solo alcune associazioni di procuratori perché altre non hanno voluto partecipare. L’Aiacs è stata coinvolta? «Non è assolutamente vero. Le categorie di procuratori hanno partecipato fino a che si sono rese conto che era stato messo in piedi un orrendo teatrino. La Fifa ha ammesso che la task-force incaricata non aveva nessun tipo di conoscenza del settore trasferimenti, in quanto solo il tedesco Michael Gerlinger aveva partecipato a operazioni di compravendita dei calciatori. Ecco perché questa commissione non avrebbe potuto offrire un contributo concreto sul tema. Noi e i nostri colleghi siamo stati semplicemente informati delle novità perché non c’è mai stata data la possibilità di contribuire al cambiamento normativo».
Infantino ha spiegato che nel 2019 sono stati spesi 7 miliardi di euro per i trasferimenti di calciatori e 700 milioni sono andati in provvigioni agli agenti. Ha ragione il presidente della Fifa a ritenerla una cifra eccessiva? «La Fifa, pur avendo le casse stracolme di denaro, ha contribuito solo con pochi spiccioli al sostegno delle leghe. Infantino avrebbe dovuto chiarire che i 7 miliardi non sono spese, ma investimenti tra società che patrimonializzano il proprio lavoro; poi verificare se i club stessero utilizzando cifre di cui potevano disporre. Cosa ha fatto la Fifa per evitare che i club arrivassero al dissesto economico? Vogliamo parlare dell’emergenza Covid durante la quale i governi si sono, chi più e chi meno, mobilitati per venire in soccorso dei cittadini mentre il massimo organismo del calcio mondiale ha versato le briciole alle federazioni, nonostante le ricchezze? I 700 milioni incassati dai procuratori sono una parte del valore della produzione dell’azienda calcio, ciò che deriva dai trasferimenti dei calciatori che rappresentiamo, e se si pensa al volume complessivo dei ricavi indiretti (proventi Tv, da stadio ecc) e al volume delle imposte e al terziario che trova lavoro, siamo a una cifra ben proporzionata rispetto all’intero sistema. Inoltre, se aumentano i costi dei cartellini e i salari dei calciatori è fisiologico che le commissioni vadano di pari passo. Gli importi delle commissioni sono sempre concordati tra calciatori, club e agenti. La Fifa è vigile e attenta solamente quando si parla di noi, ma non ha mai verificato la legittimità di un acquisto».
Gli agenti sono nel mirino del governo del calcio mondiale e del Parlamento Europeo? Vi sentite sotto assedio? «In un certo senso, sì. Forse non sapete che abbiamo avviato un dialogo con le istituzioni italiane per avere leggi chiare anche per ciò che attiene la fiscalità, per armonizzare tutto rispetto all’Agenzia delle Entrate. Vi sembriamo soggetti che vogliono fare le cose nell’ombra? Non ci stiamo, invece, ad essere il capro espiatorio di un sistema che non sta in piedi per delle evidenti mancanze di qualcuno, ma che si diverte a osservare le campagne mediatiche “da caccia alle streghe” che ciclicamente ci riguardano. Non dimenticate che ogni euro che entra in tasca agli agenti è pagato dai club e quindi bisognerebbe chiedere conto anche alle società delle scelte che fanno. Non sono vittime…».