Mattia Fallani, secondo portiere del Palermo, finora ha trovato poco spazio nelle scelte di Pergolizzi, anche se quando è stato chiamato in causa si è fatto trovare sempre pronto. L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” riporta un’intervista rilasciata dal padre del baby estremo difensore rosanero, Simone Fallani. Lo chiamavano “Fragolino”, che non significa niente se non il fatto che è il figlio del “Fragola”, cioè Simone Fallani, conosciuto così nella curva nord della Fiorentina, commerciante di legname e allenatore in una scuola calcio a Scandicci. Lui, invece, è Mattia, cresciuto nella Fiorentina, oggi vice di Pelagotti, portiere spericolato, malgrado un infortunio che a undici anni avrebbe potuto stroncargli la carriera. Il padre rivive l’episodio con una certa commozione: «Siamo a Follonica. In pineta, un amico gli lancia un pallone Super Tele e Mattia, nel tentativo di acchiapparlo, si procura la frattura del gomito. Corriamo in ospedale, a Firenze: quattro ore sotto i ferri, placche e viti nell’arto. Quando lo vedo fra i pali mi sembra un miracolo!»
La carriera sembra stroncata sul nascere. Nessuno, però, aveva fatto i conti con il ragazzino, che non conosce la parola “mollare”. «C’erano molti dubbi che potesse diventare portiere – ricorda Simone -. Dei calciatori si parla solo quando diventano famosi, dei sacrifici e delle rinunce mai». Ora la lontananza. Fallani para anche quella. «C’è preoccupazione – confessa il padre. Con Debora, mia moglie, quella che soffre di più, telefoniamo spesso a Mattia e agli altri ragazzi. Mi sembrano sereni e responsabili, capiscono la gravità del momento e rispettano le limitazioni. Mattia è abituato a stare fuori. E’ lui che ci tranquillizza. Il 31 marzo compirà diciannove anni. Peccato avrebbe voluto far festa con tutta la squadra. Con noi brinderà al telefono».
Il suo stato d’animo quando tre anni fa decise di lasciare la Fiorentina. Viola da sempre, raccattapalle prima delle partite e in Italia-Malta, ultrà insieme al padre, non avrebbe mai pensato di staccare il cordone ombelicale con la società gigliata. Simone: «Siamo “tifosissimi” della Fiorentina, anche mia moglie. Pensi che ci siamo conosciuti sui gradini dello stadio durante una trasferta a Venezia». Cresciuto nella scuola calcio Desolati, bomber anni Settanta, Fallani di mattina si allenava con i suoi compagni e, di pomeriggio, nello stesso campo, guardava ammirato le evoluzioni dei giocatori. I suoi idoli Frey e Neto. La Fiorentina, la sua anima. Mattia scrive: «E’ una parte di me, un familiare “speciale”, un punto fisso nella mia vita». Tuttavia, ad un certo punto, dice “Basta”. O Meglio: «Senti babbo, mi sono già rotto i co…, voglio andare via». E alla Fiorentina: «Ho fatto sempre bene, ora avete preso un altro portiere…».
Perché Mattia si rivolta contro il suo mondo? Un segreto viene a galla. E’ Simone a svelarlo: «La Fiorentina acquistò Brancolini per aiutare il Modena che stava fallendo, mio figlio non la prese bene. Dopo un’annata strepitosa, veniva rimesso in discussione». Fallani passa alle giovanili della Spal e stupisce, tanto che lo volevano diverse squadre di serie D. La scelta ricade sulla società rosanero. Il padre chiarisce: «E’ andato dritto: “Come si fa a rifiutare una piazza come Palermo, che in D è solo di passaggio?”. Ha avuto ragione. Conosco Firenze, Palermo è uguale, allo stadio vanno quasi in ventimila in serie D ed oggi è la nostra seconda squadra. La Spal, comunque, non lo ha mollato. E neppure la Fiorentina che aveva speso 500mila euro per tesserarlo. Al Palermo, infatti, è in prestito. Il cartellino sempre proprietà della Spal che, in caso di cessione definitiva, deve alla società gigliata, che non voleva lasciarlo libero, il 50% del guadagno». Sagramola e Castagnini vorrebbero tenerlo. Il padre: «Mattia è contentissimo del Palermo. Si trova bene con la città, i compagni, e vorrebbe restare. Ancora con la società non abbiamo affrontato il problema del rinnovo. In questa situazione con chi parli? E di che cosa?».
Blindato in casa, il portierino ha un allenatore personale: Pelagotti. «Abitano accanto – svela il padre – e Mattia si allena sul suo terrazzo. Una fortuna per lui che deve migliorare nelle prese alte. Quando era piccolo, pur essendo un gigante aveva qualche timore. Ma io gli gridavo di uscire sempre. Cervello e audacia non gli mancano. Contro il Savoia, ad un minuto dalla fine, è andato in attacco per segnare! E’ un buon portiere. E poi ha l’ambizione di arrivare. Non è poco».