“Questo Europeo inizia con un paio di paradossi. Il primo: la società più rappresentata è la Juventus che non vince una Champions League da 20 anni e in questo periodo è arrivata due sole volte in finale. Il secondo: il campionato più rappresentato è quello inglese che non ha mai portato la sua nazionale a una finale europea. Così è chiaro che non possiamo continuare a identificare un club o più di un club col calcio di quel Paese. Il calcio inglese è quello dei Tre Leoni, così come il calcio italiano è quello della Nazionale. L’Europeo ci aiuterà a capire come stiamo davvero. FRANCIA E GERMANIA A Parigi ci sono due grandi favorite, la Germania e la Francia che sa bene come si giocano in casa tornei di questo tipo: nel dopo guerra ha organizzato un Europeo e un Mondiale e li ha vinti tutt’e due. La Germania è campione del mondo e in molti ruoli ha il meglio, o quasi, del continente, nonostante sia la più giovane del torneo; la Francia tornerà ad esserlo presto con quel gruppo di talenti straordinari, capeggiato da Paul Pogba. La generazione dei tedeschi è più avvezza alle vittorie, di club e di nazionale, quella dei francesi sta crescendo, ma molto bene. A differenza del Mondiale, dove nessuna nazionale ha mai vinto per caso, in un Europeo può pure succedere, come è successo alla Danimarca nel ‘92 e alla Grecia nel 2004. Può vincerlo una squadra inattesa, ma stavolta l’outsider è seria, forte, di qualità e soprattutto pronta a battersi per il titolo dopo…l’allenamento svolto in Brasile, due anni fa: il Belgio è uno scrigno di monete d’oro, ce lo aspettiamo abbagliante, anche se in cuor nostro speriamo nel suo fallimento, almeno al debutto. Accanto al Belgio va messa la Spagna fosse solo per la sua storia recente: nel nuovo millennio ha vinto due volte il titolo europeo e una volta quello mondiale. E’ però una squadra che sta attraversando la fase delicata del cambio di generazione, Xavi in mezzo al campo era la luce, adesso il gioco è un po’ più oscuro. LA STORIA DELL’ITALIA E poi ci siamo noi, rappresentanti di un popolo che si appassiona, a volte quasi si accanisce nel piangersi addosso. Siamo brutti, siamo pochi, siamo poveri, ma siamo anche la Nazionale europea che, dopo la Germania, ha vinto più coppe del mondo e coppe d’Europa. Dal ‘68, anno in cui Ferruccio Valcareggi portò in Italia il primo e per ora unico titolo europeo, risollevando le sorti disastrose del calcio italiano del dopo-guerra, abbiamo giocato 7 finali e 3 semifinali su un totale di 24 competizioni di Europei e Mondiali. Vuol dire che quasi una volta su due arriviamo almeno in semifinale. La storia è il nostro punto di partenza e siccome la storia dice che quasi sempre anche in Europa vincono le grandi tradizionali, noi siamo ancora in quel gruppo. Non sarà facile ripercorrere il cammino di quattro anni fa, ma se la nostra crisi tecnica è profonda come la immaginiamo lo capiremo solo qui in Francia. In Polonia-Ucraina certe carenze d’organico vennero annullate dalle scelte tecniche, dal passaggio della difesa a 3 alla difesa 4 e viceversa, dal centrocampo di qualità, dall’organizzazione. Ora quelle carenze sono aumentate (non c’è Pirlo e questo può bastare), ma le risorse tattiche ci verranno in soccorso anche stavolta. Arriviamo dalla disfatta mondiale in Brasile però abbiamo qualche ragione, oltre che i sentimenti, per non credere a un’Italia battuta in partenza. Nessuno, all’estero, si fida della nostra crisi, basta chiedere ai tedeschi per i quali siamo un trauma che si riapre davanti ai loro occhi ogni volta che ci incrociano sul loro cammino. I CAMPIONI C’è una nazionale che ha un gruppo di giocatori di vero talento, è la Croazia. Ci gioca l’ultimo grande regista del calcio europeo, Luka Modric. Prima erano in tre, lui, Pirlo e Xavi, ora è da solo a mostrare un calcio che lega la testa ai piedi come fosse tutt’uno. L’Inghilterra è la seconda nazionale più giovane dell’Europeo, alcuni suoi ragazzi sono tesori di tecnica e forza, ma hanno il compito di ribaltare la storia che vede la loro nazionale emarginata nei grandi tornei. Il resto è legato allo stato di forma, all’entusiasmo e alle prodezze dei grandi campioni: il Portogallo dipende da Cristiano Ronaldo, la Svezia da Ibrahimovic, la Slovacchia da Hamsik, il Galles da Bale, la Polonia in gran parte da Lewandowski. A una storica qualificazione agli ottavi (che si giocheranno per la prima volta in un Europeo con 24 squadre) possono puntare le nazionali che il lavoro dei loro ct hanno trasformato in “squadre” vere e proprie, come l’Albania di De Biasi, l’Islanda e soprattutto l’Austria”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.