L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul nuovo Financial Fair Play della Uefa.
La montagna Uefa ha partorito il topolino: un nuovo Financial Fair Play che sarà la versione annacquata del precedente. Lo rivela uno scoop del New York Times. Il salary cap, per anni ventilato da Ceferin, non è passato a favore di un compromesso, raggiunto dopo un anno di negoziati coi club di élite: non si potrà spendere per la rosa (stipendi e ammortamenti) più del 70% dei ricavi. Insomma, un limite ibrido non rigidamente determinato ma rapportato al fatturato. Il 7 aprile le nuove regole saranno presentate all’executive board Uefa. Col nuovo regime, gli equilibri di potere del mercato europeo rimarranno immutati: i club ricchi potranno spendere più di tutti e rastrellare i migliori talenti offrendo loro gli stipendi più alti. Chi sperava in misure che contribuissero a ribilanciare i gap tecnici, rendendo le competizioni più interessanti, resterà deluso. Ceferin blinda soprattutto i club inglesi, in testa alle classifiche del fatturato, che potranno spendere più di tutti per accaparrarsi la fetta maggiore dei premi distribuiti annualmente dall’Uefa attraverso Champions, Europa League e Conference League. Le sirene scissioniste si attenueranno e il blocco forte del sistema calcistico sarà più motivato a restare sotto la tenda di Nyon.
Economicamente cambia poco. Il vecchio FFP obbligava i club a pareggiare i bilanci, cioè ricavi meno costi uguale zero. Il nuovo sistema fissa la quota massima dei ricavi da destinare alla remunerazione della rosa: stipendi e ammortamenti (cioè le spese per i cartellini dei calciatori spalmate negli anni).
Logicamente è la stessa cosa ma i club spendaccioni potranno finanziare investimenti sul mercato ricorrendo al capitale degli azionisti, se questi hanno potenza di fuoco e possono colmare le perdite. Gli altri si arrangeranno, arruolando giocatori a parametro zero per contenere gli investimenti. Il valore dei cartellini subirà una polarizzazione: schizzeranno alle stelle i top, si deprezzeranno relativamente tutti gli altri.
Se prendiamo i costi delle rose nei club di Serie A in rapporto ai ricavi (anche includendo tra questi le plusvalenze) la situazione oggi dice: Juve al 101% l’Inter 97%, Napoli 108%, Roma 126%, Lazio 99% mentre il Milan è sulla buonissima strada (80%) e l’Atalanta la più virtuosa col 45%. Pare che il sistema avrà un aggiustamento graduale (partendo dal 90%) e margine di tolleranza di 10 milioni, ma le italiane dovranno sottoporsi a cure dimagranti feroci se non trovano il modo di incrementare i ricavi perché solo Milan e Atalanta sarebbero in regola dal primo giorno. Accantonare i litigi di bassa lega e organizzare un sistema vincente sui mercati internazionali diventa ora indifferibile.