L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla difesa a tre dell’Italia di Spalletti.
Spalletti è uno studioso del calcio, si sapeva. Taglia e cuce le combinazioni tattiche, non è legato a un solo modulo, sa cambiare in corsa e approfitterà della tournée americana per portare l’Italia oltre la frontiera del 4-3-3. Due amichevoli, domani a Miami con il Venezuela e domenica a New York con l’Ecuador, per sperimentare il sistema a tre. Gli obiettivi sono due, nel solco di un calcio coraggioso: evitare le ripartenze, coprendo meglio la difesa, e aumentare l’imprevedibilità offensiva. La Nazionale deve diventare meno leggibile. Non ha stelle o fuoriclasse in grado di risolvere la partita. Il ct punterà sulla solidità dello spogliatoio e sull’organizzazione tattica. «Vogliamo essere più sorprendenti» uno dei passaggi chiave della lunghissima conferenza stampa di lunedì pomeriggio all’Acqua Acetosa.
FATTORE SORPRESA. Spalletti era entrato in corsa a settembre, prendendo il posto del dimissionario Mancini, con una sola preoccupazione: centrare la qualificazione all’Europeo in Germania senza transitare dall’incubo dei play off. Subito partite ufficiali, nessuna possibilità di sbagliare, poco tempo per provare e sperimentare. Ha indovinato la strada, percorrendo il sentiero più semplice e sicuro. La Nazionale ha risposto bene, evidenziando due criticità: alcune pause durante i 90 minuti in cui ha concesso e si è allungata pericolosamente sul campo, come accaduto a Wembley di fronte all’Inghilterra e anche con l’Ucraina. Una relativa pericolosità in attacco. La flessione di Immobile, i ritardi di Scamacca e Kean, il fisico minuto di Raspadori. Siamo senza centravanti, gli esterni non volano e si è rotto anche Berardi. Da qui la necessità di sperimentare altre vie, considerando come mezza Serie A, su tutte la capolista Inter, puntano sulla difesa a tre. Spalletti ci lavorava ai tempi dell’Udinese e non gli manca la capacità di incidere in pochi giorni sul campo. « Il calcio è diventato fluido, liquido. Non esiste più un certo tipo di rigidità. Si può passare dal calcio di rinvio alla costruzione dal basso, si cambiano i sistemi tattici, il portiere a volte è quello che tocca più palloni di tutti. Voglio valutare il 3-4-2-1, può diventare 3-4-3 in base alle caratteristiche di chi gioca. Abbiamo la possibilità di fare due prove e di essere più sorprendenti cambiando qualcosa. Se ci riusciamo, diventeremo più bravi e più forti. Meno leggibili».
L’ASSO CHIESA. Non significa cambiare rotta in modo definitivo ma aggiungere soluzioni, tentando un’altra strada. All’Acqua Acetosa, mescolando le pedine, Spalletti ha cominciato a testare il nuovo assetto. Cambiaso e Udogie esterni, Jorginho e Barella i mediani, Frattesi e Chiesa gli incursori dietro a Retegui, che si giocherà una bella fetta di Europeo tra Miami e New York. Nel 3-4-2-1 Spalletti proverà a riempire quei “mezzi spazi” in cui infilare la fantasia di Pellegrini, le qualità di Raspadori e la corsa di Frattesi, verificando il potenziale di Folorunsho o l’adattabilità di Zaniolo e Zaccagni. L’idea, però, è nata con l’obiettivo di esaltare gli strappi di Chiesa, il nostro Sinner, l’attaccante italiano più forte, per avvicinarlo alla porta e al centravanti. «Federico ha qualità offensive, salta l’uomo, fa gol. Ha anche il carattere forte. Deve sapersi adattare. Se gioca un po’ più dentro, si chiamano mezzi spazi, trequarti di centro-destra o di centro-sinistra, non sei attaccante, non sei centrocampista, non sei punta esterna e neppure seconda punta. Sei un po’ tutto. Chiesa ti permette di andare dietro le difese avversarie, passa dove gli altri vedono muri invalicabili. E’ uno su cui puntare».
DISEGNO. La difesa a tre dovrebbe consentire all’Italia di conservare l’equilibrio mancato in certe partite. Lucio ha illustrato lo spartito. «Per non subire ripartenze è l’ideale, a volte con la linea a quattro si rimane in due soli dietro. Due mediani sono lì davanti, hai uno zoccolo duro in zona centrale e se rispetti le posizioni prendi meno contropiede. Servono due giocatori larghi, due sui mezzi spazi e una prima punta in grado di allungare la squadra». Venezuela ed Ecuador ci diranno se Spalletti ha trovato la formula.