Corriere dello Sport: “Defibrillatori e idoneità, nuove regole”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulle nuove regole nel calcio che riguardano i defibrillatori, ma non solo.

Il 15 dicembre scorso, Sergio Agüero, stella argentina degli ultimi tre lustri, in quel momento attaccante del Barcellona, a 33 anni, annunciava il proprio ritiro dall’attività agonistica. Un mese e mezzo prima, in una partita contro l’Alaves, un’aritmia cardiaca grave lo aveva costretto ad abbandonare il campo. Da qui la decisione di lasciare, per non correre ulteriori rischi. Due giorni dopo l’addio del Kun, Christian Eriksen rescindeva il contratto con l’Inter dato che l’Istituto di Medicina dello Sport del Coni gli aveva negato l’idoneità alla ripresa dell’attività agonistica. Questo a 6 mesi dal drammatico malore che lo aveva colpito durante Danimarca-Finlandia, match di Euro 2020, a seguito del quale gli era stato impiantato un defibrillatore cardiaco sottocutaneo (ICD). Il danese, a 30 anni, ha poi trovato un ingaggio in Inghilterra, al Brentford, tornando a giocare e a segnare, anche in nazionale, con obiettivo Qatar 2022.

Questo lungo preambolo per mettere a confronto storie simili con scelte personali diverse, mentre si discute del futuro di Sonny Colbrelli, 31 anni, ciclista campione d’Europa e italiano e trionfatore alla Parigi-Roubaix, tutto nel 2021, anche lui colpito da un’aritmia cardiaca grave al punto da causare un arresto cardiaco e l’intervento del defibrillatore esterno, nella fase finale della prima tappa del Giro di Catalogna, il 22 marzo scorso, e ora portatore a sua volta di ICD. Se resta ancora nebulosa la natura della sua patologia, quello che invece è chiaro è il quadro di riferimento normativo che in Italia esclude opzioni individuali di “libertà” in materia di salute, anche legate all’attività sportiva agonistica. Diritto fondamentale dell’individuo secondo l’articolo 32 della Carta Costituzionale, responsabilità penale del medico, idoneità certificata e obbligatoria per legge: questo è ciò che deve essere garantito nel nostro Paese in tema di “tutela della salute”. Detto questo, l’evoluzione scientifica ha sempre avuto un peso nella messa a terra del complesso impianto legislativo che governa le scelte sanitarie.

NUOVO PROTOCOLLO 2022. Strumento chiave sono i Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico elaborati dal COCIS, il Comitato Organizzativo Cardiologico per l’Idoneità allo Sport. Si tratta di uno strumento essenziale, che ha visto la luce la prima volta nel 1989, con successive riedizioni integrate nel 1995, 2003, 2007, 2009 e 2017. Il Comitato, composto da una quindicina di specialisti in rappresentanza di associazioni e società cardiologiche nazionali (ANCE, ANMCO, SIC e SIC Sport) e della Federazione Medico Sportiva italiana sta per portare a compimento il nuovo lavoro di aggiornamento, che vedrà la luce nei prossimi mesi.
Bene, sono attese novità proprio in materia di defibrillatori. In quale direzione? Pur restando massima l’attenzione su questo tema specifico e sulla prevenzione primaria della morte cardiaca improvvisa (MCI, ridotta in questo modo del 90% tra gli atleti under 35), dovrebbe essere valutato dagli esperti un approccio più graduale e ponderato. Primo punto di valutazione resterà la natura della patologia invalidante, la sua gravità; al secondo punto, sarà il tipo di sport praticato tra le varie categorie individuate: gli sport di destrezza, come equitazione o sport di tiro; di potenza, come sollevamento pesi; di tipo misto, come calcio, rugby, basket, tennis; gli sport “aerobici” come nuoto, corsa, ciclismo di fondo; quelli aerobico-anerobici massivi, come il canottaggio. Una malattia recidivante, o potenzialmente progressiva, che può aggravarsi per sforzi ripetuti ad alta intensità, come ad esempio la cardiomiopatia aritmogena (la malattia di Morosini e Astori) non potrà in un atleta essere superata semplicemente con un ICD. Diverso il discorso, per esempio, in caso di miocardite (malattia infiammatoria del cuore causata da un virus) la cui guarigione completa potrebbe consentire la rimozione del defibrillatore stesso e il ritorno alle gare.
In sostanza, non è che in Italia non si gioca né si giocherà semplicemente perché si ha un defibrillatore: dipende e dipenderà da molte cose.