Corriere dello Sport: “Dalla Premier una lezione all’Italia. L’Everton non è solo, rischia anche il City. Contestate oltre 100 violazioni”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Premier League e sul Manchester City che potrebbe trovarsi nei guai.

La penalizzazione di dieci punti inflitta dalla Premier potrebbe costare la retrocessione all’Everton ma lo espone a cause da centinaia di milioni già preannunciate da Leeds, Leicester e Burnley che puntano a dimostrare di essere stati danneggiati dalle condotte sanzionate all’Everton. Un costo potenziale stimabile in 300 milioni di sterline che obbligherebbe gli azionisti dell’Everton a ricapitalizzazioni monstre per evitare un default.
Da settembre, l’azionista dell’Everton è il fondo 777 Partners (proprietario del Genoa e di altri club) che l’ha acquisito dall’imprenditore anglo-iraniano Farhad Moshiri ma il closing dell’operazione non sarebbe ancora avvenuto. Fonti vicine al fondo americano hanno fatto sapere che il rischio di una penalizzazione era noto e probabilmente incorporato nel prezzo dell’operazione (il procedimento contro l’Everton era in corso da tempo) ma l’eventuale ricaduta economica di potenziali azioni legali desterebbe problemi. In ogni caso, l’Everton ha annunciato appello contro la decisione della commissione indipendente che ha comminato la sanzione.

Sotto esame. Guardando in casa altrui, anche Chelsea e Manchester City temono la scure della Premier nei procedimenti in corso a loro carico. Il City è sotto investigazione per oltre 100 potenziali violazioni delle PSR (Profit and Sustainability Rules) il Chelsea per presunti pagamenti irregolari di Abramović nel periodo 2012-2019. Se il caso-Everton – primo club inglese penalizzato per violazioni delle PSR – costituirà un precedente, le conseguenze per le due corazzate della Premier sarebbero pesantissime. Non esclusa la retrocessione. Da anni la Premier si è data regole stringenti contro il doping finanziario, la pratica di sostenere costi ben superiori ai mezzi finanziari generati dal business (cioè dai ricavi caratteristici) e di coprire le perdite conseguenti con contributi degli azionisti. Un’alterazione della concorrenza che conferisce un vantaggio anomalo ai club finanziati da proprietà dalle ingenti risorse, a scapito di chi gestisce il club come una normale azienda i cui conti devono inevitabilmente tornare. A maggior ragione, se i conti vengono manipolati mascherando contributi dell’azionista come normali sponsorizzazioni: quanto si contesta a City e Chelsea.

I conti. Nel caso dell’Everton sono finite nel mirino le stagioni immediatamente successive all’arrivo di Moshiri con acquisti faraonici e risultati modesti. Nel 2020-21 l’Everton ha registrato 121 milioni di perdita, attribuite in gran parte al Covid ma imputabili, secondo la commissione giudicatrice, a una gestione economica sconsiderata del club. Se norme analoghe fossero state emanate anche in Serie A ne avremmo viste di tutti i colori. In particolare, se fosse stato fissato un limite massimo alle perdite di bilancio accettabili per l’iscrizione al campionato e se fossero stati analizzati i rapporti, talvolta opachi, tra alcuni club e le rispettive proprietà, avremmo un campionato con dirigenti più attenti all’uso del denaro, acquisti meno sconsiderati e gestioni più sane. Norme di questo tenore, che la Figc ha sempre cercato di rendere più efficaci, sono sempre state osteggiate in agitate assemblee di Lega ma una regolamentazione più rigorosa avrebbe fatto bene a tutti. Forse il calcio italiano non avrebbe accumulato miliardi di perdite e non ci sarebbe voluto l’intervento di procure e Consob per mettere a freno certi eccessi.