“Raccontano che tutto sia nato da una partita di calcio, peraltro amichevole, eppure vissuta quasi come un’umiliazione nazionale: Thailandia-Cina 5-1. Era il 15 giugno 2013. Quel giorno il presidente della Repubblica appena insediato, Xi Jinping, decise che qualcosa sarebbe cambiato. Per prima cosa ha introdotto la materia «calcio» nelle scuole, per inculcarla nella mentalità nei giovanissimi. E poi, da appassionato, ha ragionato su stratagemmi più rapidi di sviluppo, intuendo che era il momento di cavalcare l’onda dell’espansione economica in Europa. Xi Jinping ha un obiettivo e un sogno. L’obiettivo è ospitare i Mondiali del 2026. Il sogno è vincerli. ASSALTO. Le indiscrezioni su un imminente passaggio di proprietà del Milan e dell’Inter in mani cinesi rientrano dunque in un progetto più ampio, cominciato nell’inverno del 2015 con l’acquisizione di Infront, la controversa società svizzera che gestisce i diritti televisivi della Serie A. E’ stata un’operazione da 1 miliardo e 50 milioni di euro, finalizzata dal ricco e influente Wanda Group, con lo scopo di attirare l’attenzione sulla causa cinese. Non bisogna dimenticare che l’affare si è concretizzato prima della bufera Fifa e che il presidente di Infront è il nipote di Blatter, Philippe. Connessioni. Contemporaneamente o quasi Wanda Group si era impossessato del 20 per cento delle quote dell’Atletico Madrid, per penetrare anche il mercato spagnolo. Il mese scorso addirittura per la prima volta un club europeo è diventato interamente cinese: l’Aston Villa. La sensazione è che sia iniziata un’invasione, che può rappresentare un’opportunità per i club italiani a corto di liquidità. MOTIVI Analizzando il fenomeno, non è soltanto l’orgoglio nazionale a guidare le multinazionali come Suning. Seguendo la scia delle 162 imprese cinesi che hanno investito in Italia, attraverso il calcio le società cinesi contano di sfruttare le competenze delle aziende locali per accrescere i profitti su scala intercontinentale e migliorare il proprio know-how. Gli analisti finanziari prevedono che, se nel brevemedio periodo porteranno gran di benefici all’economia europea, nel lungo periodo i cinesi diventeranno la prima potenza mondiale e si affrancheranno completamente dalle capacità e dalle tecnologie che hanno conosciuto in giro per il mondo. Anche nel calcio, che è un ottimo veicolo di propaganda. Nel 2016, per la prima volta nella storia, la Cina ha speso nel mondo più di quanto il mondo abbia speso in Cina. Ma non sarà sempre così. Presto sapranno fare tutto da soli. Vorranno, anzi. ATTRAZIONE Circoscrivendo il discorso al calcio, gli investimenti dei giorni nostri sono bilaterali. Da un lato i fondi e le imprese si muovono per entrare nei principali campionati europei, con sponsorizzazioni o quote di società. Dall’altro strapagano calciatori e allenatori europei o sudamericani per portarli in Cina, facilitando la crescita del campionato locale. Marcello Lippi in questo senso è stato quasi un pioniere, accettando la panchina del Guangzou nel 2012. Ma negli ultimissimi mesi i club cinesi hanno alzato il tiro anche sui calciatori, senza accontentarsi delle vecchie glorie: proprio l’azienda Suning ha investito a dicembre 101 milioni di euro per la squadra che ora porta il suo nome, con Ramires del Chelsea costato 33 milioni. Nel frattempo Jackson Martinez è finito proprio al Guangzou per 42 milioni e il Pocho Lavezzi, costato “solo” 6 milioni di cartellino ma 15 milioni annui di stipendio, ha firmato per l’Hebei dove fa coppia con l’ex romanista Gervinho. Ora nel mirino cinese c’è Ibrahimovic. Per scalare il mondo bisogna prima immagazzinare la tecnica, la tattica, la malizia degli artisti del pallone. Senza badare a spese, perché laggiù non esiste mica il fair play finanziario”. Questo quanto scrive l’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.