L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul caso scommesse e le chat degli indagati.
Pensieri, parole, opere e omissioni. È tutto in quelle chat, che la procura di Torino sta estraendo dai cellulari di Tonali e Zaniolo e che la procura della Figc attende di ricevere per comprendere quali colpe possano nascondersi oltre i due reo confessi (Tonali e Fagioli) e oltre l’altro indagato (Zaniolo, domani può essere ascoltato dai pm), tenacissimo nel continuare a sostenere di non aver mai e poi mai puntato sul pallone. Chi altro conosceva i vizi dei calciatori raggiunti dall’avviso di garanzia per aver frequentato i portali illegali? Compagni? Allenatori? Dirigenti? Il calcio trema all’idea che l’inchiesta possa allargarsi non solo a nuovi e insospettabili scommettitori, ma pure nei riguardi di chi ha omesso di denunciarli.
Sapere e non dirlo equivale a commettere un reato. Lo dice il comma 5 dell’articolo 24 del codice: i soggetti venuti a conoscenza di un compagno che scommette sulle partite – o è intenzionato a farlo – hanno l’obbligo di informare «senza indugio» la procura Figc. Ricorderete il precedente di Antonio Conte, e quel “non poteva non sapere” di una combine che ai tempi del Siena gli costò 10 mesi di stop poi ridotti a 4.
DUBBI. Alla luce delle dichiarazioni di Fagioli (patteggiati 7 mesi più altri 5 di riabilitazione) e di Tonali (a un passo dall’accordo, può spuntarla sui 13 o 14 mesi di allontanamento, ieri i tifosi del Newcastle lo hanno acclamato con striscioni e applausi), il procuratore Chiné si chiede quanti nell’ambiente avessero percepito il giro d’affari. Del resto, le parole di Fagioli hanno fatto scalpore: «Dragusin e Gatti mi hanno prestato i soldi». I due non avrebbero mai sospettato la destinazione di quei 40 mila euro (a testa) elargiti al compagno, eppure la frase «gli ho detto che mi servivano per comprare un orologio e che avevo i conti bloccati da mia madre» non convince del tutto gli inquirenti.
«Non c’è niente, Federico è tranquillo» continuano a ripetere le persone vicine a Gatti. «Radu non sapeva a cosa servisse realmente l’orologio ed è successo solo una volta» ha fatto invece sapere l’agente di Dragusin, Manea. Sapendo che Fagioli aveva un problema con il conto in banca, ai colleghi non è venuto il sospetto che quel denaro fosse utilizzato per qualcosa di meno lecito di un rolex? Il patteggiamento dello juventino indica comunque una strada: difficilmente si arriverà alla pena edittale. Se scommettere e collaborare porta a 7 mesi di squalifica, non denunciare ne può valere 6? Difficile immaginarlo. E chissà che l’accordo procura-Fagioli non diventi un’esca per permettere a tanti (anche compagni dell’ex Milan) di uscire allo scoperto e confessare che sì, erano a conoscenza di tutto, ma del resto chi metterebbe alla pubblica gogna un giovane già in difficoltà economica e psicologica? Sei mesi per l’omessa denuncia potrebbero così scendere a uno, se la proporzione non inganna, e nessuno s’indignerebbe. Giusto il tempo di uno stiramento.