“«Non vogliamo che la partita si giochi più avanti, desideriamo che la Conmebol consegni il titolo della Sudamericana alla Chapecoense». Lo ha annunciato ieri l’Atletico Medellin, un gesto nobile, giusto poche ore dopo la tragedia che ha lasciato attoniti il Brasile e tutto il mondo: 75 morti il bilancio, 19 dei quali giocatori, 6 i superstiti. Lo schianto dell’aereo in Colombia, sulle colline di Cerro Gordo, nel municipio di La Union, a cinque minuti di volo dall’aeroporto della città di Medellin, dove oggi il Chape, così viene chiamata la Chapecoense, avrebbe dovuto giocare la finale di andata della Coppa Sudamericana, contro i locali dell’Atletico, campioni della Libertadores. E oggi nello stadio, alla stessa ora che era prevista per l’incontro, ci sarà un omaggio per le vittime. L’INCIDENTE. Uno schianto, alle 22.15 locali di lunedì (4.15 di ieri in Italia) 6 superstiti dei 72 passeggeri e 9 membri dell’equipaggio. C’era tutta la Chapecoense, giocatori, staff tecnico, dirigenti, poi 21 giornalisti e alcuni invitati. Sopravvissuti alla tragedia il portiere Jackson Follman (i medici gli hanno dovuto amputare le gambe) e i difensori Alan Ruschel (rischia la paralisi) e Helio Neto Zampier (condizioni molto critiche), mentre Danilo Padilha, altro portiere, è morto dopo essere stato portato all’ospedale. Salvi anche due assistenti di volo e un giornalista. Il volo della morte era partito da Santa Cruz, in Bolivia, il Chape ci era arrivato con un volo di linea da San Paolo e la causa del disastro sarebbe da ricercare in un problema elettrico, anche se si è parlato di mancanza di carburante (l’aereo ha una autonomia di 2.965 chilometri, circa la stessa distanza percorsa). Da brividi l’ultimo post di Cleber Santana, ex Atletico Madrid (che il club spagnolo ha ricordato): «Ti amerò per tutte le vite che vivrò». L’aeronave della tragedia, fabbricata in Gran Bretagna come British Aerospace 146, in attività da 17 anni (era del 2001), apparteneva alla minuscola compagnia aerea venezuelana LaMia, unico velivolo in attività, con un proprietario che si dice sia solo il prestanome di un imprenditore cinese attualmente in carcere a Pechino. Ma non era la prima squadra di calcio: c’era salita anche l’Argentina di Messi e Higuain, per l’incontro con il Brasile due settimane fa e lo stesso Atletico Medellin. E il Chape, della città di Chapecó, ieri sotto choc, nello stato di Santa Caterina, era al debutto in una finale di una coppa internazionale, una conquista arrivata dopo che solo nel 2014, per la prima volta dalla nascita nel 1973, i “Verdao” erano sbarcati nella A brasiliana, trasformandosi nella squadra rivelazione in Brasile e in Sudamerica. Ma c’è stato anche il destino che ha salvato quattro persone, che dovevano partire, ma non sono salite sull’aereo. Tra queste Luciano Buligon, prefetto di Chapecó, che ha indetto trenta giorni di lutto nella città. Anche Matheus Saroli, figlio del tecnico della Chapecoense, Caio Junior (deceduto nell’impatto) doveva partire, l’ha salvato il passaporto, dimenticato a casa. Tre giorni di lutto nazionali sono stati invece decretati da Michel Temer, presidente del Brasile, due in Colombia dal Governatore di Antioquia, di cui fa parte Medellin, mentre la CBF, la federazione brasiliana, ha fissato un lutto di sette giorni posticipando la finale di ritorno della Copa do Brasil e, di una settimana, l’ultima giornata del Campionato Brasileiro. Stop della attività è stato decretato anche dalla Conmebol. E tutte le società brasiliane di serie A e molte di B, ieri, oltre ad annullare gli allenamenti e a inserire nelle loro webpage il logo della società di Chapecó, si sono unite in un unico messaggio: «Oggi tutti i club del Brasile sono uno solo. #Força Chape»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.