Corriere dello Sport: “C’era una volta l’Italia”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’Italia di Mancini ieri sconfitta dall’Argentina.
L’ultima l’aveva alzata Maradona, questa è toccata a Messi. Messa così forse suona meno amara. Ma il 3-0 dell’Argentina all’Italia campione d’Europa che vale questa sorta di Supercoppa intercontinentale ha chiuso davvero il primo ciclo manciniano nel modo meno incoraggiante. Mentre appare chiaro a tutti, in questi giorni elisabettiani, che Dio continua con piacere a salvare la Regina e a compiacersi in quel miracolo di calciatore che risponde al nome di Leo, serve evidentemente che l’Italia, piuttosto di votarsi a qualche santo, magari anche influente, cerchi con umiltà di uscire con le proprie forze dal purgatorio in cui è finita.
Ieri sera a Wembley-Buenos Aires, data la moltitudine argentina presente a formare i 90mila presenti, una Nazionale stanca e ben presto sfiduciata si è inchinata ai campioni sudamericani, lasciando loro la Finalissima, firmata da Lautaro Martinez, Di Maria e da Dybala appena entrato nella coda del match, dopo aver cercato di riaccendersi nel teatro del sogno realizzato nemmeno un anno fa.
Niente eco delle magie europee, però, piuttosto un’altra sconfitta (la quarta di fila) contro l’Argentina, che arriva così a 32 risultati utili consecutivi e si prepara con legittime ambizioni al mondiale che noi ci siamo negati. Nel cuore del primo tempo, gli azzurri, con Barella orgogliosamente a battagliare, hanno anche accennato fraseggi noti in tempi di gloria. Senza essere mai davvero pericolosi in profondità, però, con il trio Bernardeschi-Belotti-Raspadori.
Ma davanti a una squadra di talenti puri come quella di Scaloni l’Italia per poter cercare almeno il testa a testa, avrebbe dovuto presentarsi con tutti i suoi elementi di forza durante Euro 2020: Spinazzola (entrato solo nella ripresa), Chiesa, Berardi, Verratti, Insigne e Immobile. In loro assenza il palleggio abbozzato non basta, né questo Jorginho irriconoscibile o un Pessina in minore. E senza troppa fatica l’inerzia del match si è orientata a favore dell’Albiceleste, solida in difesa, aggressiva con De Paul in mezzo e incontenibile a tratti col trio delle meraviglie. Passare a 3, poi a 5 in difesa, e a 4 in mezzo, con i cambi della ripresa, non è servito a Mancini per trovare il bandolo. Martinez infatti non è stato di fatto più impegnato.