L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul titolo del Catania che passa nelle mani del Comune.
Buio pesto! Il Calcio Catania ha appena esalato l’ultimo respiro e nessuno è in grado di dire – oggi – cosa accadrà domani. I calciatori sono già stati svincolati d’ufficio, lo staff tecnico guidato da Francesco Baldini probabilmente non faticherà a sistemarsi altrove alla luce del credito guadagnato in questi mesi nella piazza etnea (senza stipendi, frastornati dal tourbillon di voci legate al fallimento e a possibili acquirenti), per il resto ci sono, purtroppo, i dipendenti del club rossazzurro – quelli meno protetti – che probabilmente dovranno cercare nuovi sbocchi lavorativi in altre società. Se non cambiare mestiere.
Un disastro. Certo, la speranza è che qualcuno, come per miracolo, possa far ripartire la Catania calcistica con un progetto serio. Ma se nelle aste bandite dal Tribunale l’unico che si è presentato è stato lo “straniero” Benedetto Mancini, fra l’altro con i risultati che sappiamo (compresa la perdita del titolo di terza serie, del palco giocatori e del settore giovanile), come è possibile ipotizzare che all’improvviso possa sbucare un imprenditore, un benefattore, un sognatore voglioso di aprire il portafogli e di investire su questa nuova avventura? Insomma, la Catania calcistica è sull’orlo del baratro. Anzi, vi è completamente all’interno. Per di più con un ambiente meno compatto di quel che si pensa e dove sono già stati espressi i primi “niet” da parte della tifoseria. “No” agli ex soci Sigi, cui adesso si contesta di non avere ceduto il club a Tacopina, perdendoci nel complesso qualche milionata; “no” a Mancini, che ha fatto sfiorire l’ultimo Catania; no a sciacalli e avventurieri, oppure dirigenti provenienti da piazze vicine (il Giarre e il Biancavilla, in Serie D, sembrano le maggiori indiziate, ma il Biancavilla è già con un piede in Eccellenza), perché si vuole un processo diverso; “no”, infine, a Nino Pulvirenti, che secondo i bene informati starebbe pensando a un rilancio in grande stile dei colori rossazzurri, ma che viene considerato alla base dei mali che hanno portato il Catania al fallimento.
Insomma, meglio niente che rischiare di partire con un progetto monco o viziato. Non è il massimo. A questo punto, diciamolo pure e per quel che è possibile, soltanto la politica potrebbe svolgere un ruolo da catalizzatore e avvicinare qualche soggetto di spessore al calcio di questa città. Certo, con il sindaco-tifoso Salvo Pogliese sospeso per la legge Severino immaginiamo che in questo momento i problemi dell’amministrazione siano altri. Ma prima o poi, immaginiamo, accadrà che la Federcalcio assegnerà un titolo sportivo a Catania. E a quel punto? La procedura prevede che il titolo venga dato al Comune, che in tempi brevi dovrà procedere con un bando che determini requisiti e limiti temporali per presentare le offerte. Queste ultime verrebbero poi analizzate da una commissione esaminatrice che affiderebbe il titolo al progetto di club più solido e convincente. La categoria dipenderebbe dalla disponibilità o eventualmente si potrebbe richiedere l’iscrizione in soprannumero. Ciò in un momento storico in cui è facile prevedere la moria di altri club. Il tempo non manca, ma se qualcuno vuole muoversi è bene che lo faccia adesso. Dopo, anche in termini organizzativi, potrebbe essere troppo tardi.