“Dalla magia alla nostalgia. Lazio-Empoli, 12 aprile 2015, un pienone da concertone: 49.096 laziali all’Olimpico, intonavano Battisti, era un canto libero, sognavano la Champions. Lazio-Empoli, 25 settembre 2016, al massimo dodici-tredicimila laziali all’Olimpico, gli unici rimasti da quel dì, con poca voglia di cantare. La fuga è stata velocissima, l’escalation al contrario è stata inesorabile. Il teatro è diventato tetro, dove si vedevano i colori oggi c’è il vuoto. Nel giro di un anno e mezzo la Lazio ha perso quasi quarantamila spettatori, da dividere tra paganti e abbonati, è una cifra enorme. Il 12 aprile 2015 i biglietti furono acquistati da 31.700 persone, i sottoscrittori di tessera erano 17.396. L’Olimpico era colorato, caldo e familiare, offrì immagini splendide. Oggi è freddo e monumentale. La diaspora. I dati recenti non si conoscono, la Lazio ha deciso di oscurarli, non li comunica più da quando a luglio si seppe che solo 11 tifosi sottoscrissero gli abbonamenti nel primo giorno di vendita. L’Olimpico laziale è così, si gonfia e si sgonfia seguendo il filo delle vicende societarie e sportive. Riempito, svuotato. La Lazio di Pioli riuscì a riportare i tifosi a casa, dove per casa si intende lo stadio e non la dimora domestica. Quel sogno purtroppo celò una breve scadenza. Le successive scelte estive e la seguente eliminazione dalla Champions iniziarono ad allontanare nuovamente la gente dall’Olimpico, tutti gli sforzi furono vani. L’annunciato arrivo di Bielsa, storia di giugno scorso, aveva riacceso l’entusiasmo, il rifiuto del Loco ha prodotto un effetto contrario. La Lazio di Inzaghi, nata all’improvviso, sta provando a risalire la china e la classifica, sta provando a far breccia nel cuore dei tifosi badando al solo per vincere più partite possibili. Scioperi, proteste anti-societarie e anti-istituzionali, disaffezione, tornelli, schedature di vario genere, limitazioni, divieti di sosta attorno all’Olimpico decisi dall’ultimo piano di urbanistica viaria. Di base tanti fattori incidono sulla diaspora, s’è detto più volte. Di tutto si può discutere, è innegabile una verità: gli stadi si riempiono quando la squadra che li abita lotta per grandi traguardi e riesce a trascinare il suo popolo. IL CONFRONTO Le sfide con l’Empoli, a cavallo degli anni 2015 e 2016, servono da paragone. Le presenze al ribasso sono palesi pur non potendo sbirciare i dati registrati nelle prime tre gare interne del campionato in corso. La Lazio in casa ha affrontato la Juve, il Pescara e l’Empoli. Nelle ultime due sfide casalinghe le presenze hanno superato di poco quota diecimila. La Curva Nord si è riempita a metà, non è rientrata tutta allo stadio. Neppure il big match con la Juve ha fatto registrare grandi numeri, gli spettatori sono stati circa 30.000. Il caso Olimpico è aperto da un anno e passa, ha perso appeal, il fattore campo è annullato. Non sono serviti gli appelli dei giocatori per convincere i tifosi a tornare. Serve un’opera più profonda, serve un coinvolgimento diverso, reale. I laziali ci sono, lo hanno dimostrato, devono essere invogliati. Potesse parlare, l’Olimpico. In quella domenica, in quel 12 aprile 2015, il sole era alto nel cielo, il bel gioco della Lazio faceva da sfondo, al risultato (4-0 all’Empoli) seguì un bel tramonto, continuò ad illuminare la notte biancoceleste. Oggi è tramontata la passione, deve sorgere di nuovo”. Questo quanto si legge su “Il Corriere dello Sport”.