Corriere dello Sport: “Caos Ferrari, Vasseur è già stufo”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul caos Ferrari.
Il problema non è un cavo elettrico che si stacca e manda in black out la Ferrari. Non lo sono neanche l’eccessivo consumo delle gomme o il broncio di Leclerc. Tutte cose estremamente spiacevoli, per carità, ma si tratta di effetti. La vera causa di ciò che sta accadendo all’interno della Scuderia è in una profonda frattura che si è aperta, tale da minare due ingredienti indispensabili per puntare in alto: la stabilità, andata all’aria a dicembre con la sostituzione del team principal (via Mattia Binotto, dentro Frederic Vasseur) e una certa unità che c’era nel team, sia pure con qualche mugugno. Saltata anche quella.
L’IPOCENTRO. La frattura tra Vasseur e l’amministratore delegato Benedetto Vigna costituisce il vero ipocentro del terremoto in corso. Su incarico del presidente John Elkann, Vigna ha di fatto commissariato Vasseur, che opera con poteri inferiori a quelli degli altri nove suoi pari grado in Formula 1. Per dire: non ha controllo sui pass della squadra, che di solito attengono al team principal. Al suo arrivo chiese la delega sugli sponsor e gli fu negata: anche quella se l’è tenuta Vigna che l’aveva tolta a Binotto nel marzo 2021. Né Vasseur ha la delega della comunicazione visto che il responsabile, il tedesco Thomas Hofmann, non riporta a lui ma a Charlie Turner, capo comunicazione.
GIOGO E LAMENTELE. Nel corso del GP Bahrain il nuovo team principal si è lamentato con alcune persone del giogo che grava su di lui e, incredibilmente, lo ha fatto senza nascondersi. Ciò potrebbe voler dire due cose: pensa che queste sue confidenze non giungano a Vigna (ma francamente ci sentiamo di escluderla), oppure a due mesi dal suo ingresso a Maranello si è già stufato del modo di procedere, ritenendolo inaccettabile, e ha scelto una sorta di “o la va o la spacca”, chiamando allo scoperto chi lo ha appena insediato. Le sue lamentazioni tra l’altro non riguardano solo l’a.d., capacissimo nel campo dei semiconduttori ma pressoché a digiuno di corse, ma anche Lorenzo Giorgetti, Chief Racing Revenue Officer appena preso dal Milan.
TUTELE SALTATE. Eccolo l’effetto lungo del cambio di dna voluto da Elkann: la cancellazione dell’autonomia della Scuderia rispetto all’azienda, in vigore dal luglio 1969 sulla base di un accordo-cardine firmato da Enzo Ferrari e Gianni Agnelli, sempre rispettato nei decenni a venire. Binotto ha difeso quella autonomia e ha difeso anche i suoi ingegneri quando sbagliavano, nella consapevolezza che chi viene protetto osa di più sul lavoro, tira fuori l’idea, e certo, a volte sbaglia; al contrario, chi non si sente più tutelato si arrocca nei confini del suo compitino pur di non incappare in un errore che potrebbe costargli il posto. Oppure, se è apprezzato, come David Sanchez, raccoglie le sue robe e saluta la compagnia. Attenzione: non è vero che Sanchez sia stato spinto ad andar via.
COSA CI ATTENDE. Binotto sì, è stato dimissionato, ultimo giapponese nella foresta di un management ferrarista che attorno a lui aveva cambiato le regole. E lo stesso Vasseur s’è prestato al gioco; fu lui a pronunciare per primo, in un incontro con giornalisti italiani a Maranello a fine gennaio, il teorema secondo cui «la Scuderia è solo un dipartimento dell’azienda». Capirete che l’insofferenza di Leclerc e Carlos Sainz, i problemi di affidabilità o la speranza che tra due domeniche Jeddah con la maggior velocità favorisca le Rosse, sembrano quisquilie di fronte a una situazione strutturale tanto grave. Forza Ferrari certo, sempre, ma temiamo seguiranno altre spiacevoli, dannose separazioni. Che Laurent Mekies stia cercando casa a Parigi?