“C’è l’armiere e c’è il pusher, c’è il collettore e c’è il «capo-piazza»: poi c’è un pallone che rotola ben dentro questa Gomorra nel quale il football si ritrova a essere merce di scambio. Bentornati – e si fa per dire – nel bel mezzo del ciclone del calcioscommesse, un universo torbido che riappare attraverso la combine di due partite, ma che riproduce, seppure in scala minore, l’esistenza d’un sistema. C’è da perdersi, in quest’inchiesta che la Procura di Napoli ha avviato un bel po’ di tempo fa e che ieri ha provveduto a svelare una serie di intrecci che coinvolgono alcuni calciatori dell’Avellino e (almeno) un paio di gare della squadra irpina, che stordiscono Armando Izzo, il «personaggio» più celebre di questo romanzone di 230 pagine. Filippo Beatrice, il pm che insieme Giuseppe Narducci spalancò all’Italia, nel 2006, le verità su Calciopoli, ha scovato altro e ieri mattina, all’alba, il Nucleo Investigativo dei Carabinieri ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 11 persone (di cui 8 in carcere). Tre agli arresti domiciliari, tra cui Luca Pini e Francesco Millesi, ex giocatori dell’Avellino, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. In questo capitolo, c’è Izzo, napoletano e difensore del Genoa, appena uscito dallo stage di Coverciano con la Nazionale, che è indagato ma in stato di libertà, frastornato dopo essere passato da un sogno all’incubo: «Ho letto le notizie che mi vedono coinvolto a vicende a me estranee. Non ha mai neanche pensato di truccare una partita. Voglio solo precisare che nelle due gare di cui si parla ero infortunato e non ho giocato. Ho piena fiducia nella magistratura, sicuro di riuscire a chiarire la mia posizione». LA STORIA. Tutto nasce ai margini del campo, anzi ben al di là, andando a rovistare nelle vicende di Scampia che riguardano il clan Vinella-Grassi quando tra un’intercettazione e l’altra compare il calcio con le sue distorsioni e la possibilità di dirottare fiumi di danaro nel mondo delle scommesse. «Attraverso la costituzione di una vera e propria associazione per delinquere, finalizzata alla manipolazione di partite della stagione 2013-2014». Le gare in questione sono Modena-Avellino (17 maggio del 2014: 1-0) e Avellino-Reggina (una settimana dopo: 3-0). Il clan Vinella-Grassi è riuscito ad accedere all’interno del club irpino attraverso la conoscenza diretta di Izzo, imparentato con la famiglia Petriccione, che è fondatrice della Vinella, e che diviene il ponte per allacciare contatti con Pina e Millesi, ex calciatori biancoverdi che emergono dagli atti dell’istruttoria come i referenti dei vari piani. Nei verbali compaiono altri calciatori: c’è Fabio Pisacane, sottrattosi in passato (nel 2012) a un tentativo di combine, premiato da Blatter, invitato da Prandelli a uno stage della Nazionale e che rimane fedele ai suoi princìpi; c’è Maurizio Peccarisi che avrebbe accettato invece di facilitare la sconfitta della squadra campana; c’è Fabio Seculin, portiere, che invece si sarebbe rifiutato di rientrare in questo malaffare, chiudendo la propria porta agli interlocutori. LE DICHIARAZIONI. E’ il collaboratore di giustizia Antonio Accurso che consente agli investigatori di avere un quadro preciso su questa storiaccia. Millesi esibisce al propria autorevolezza, garantendo d’essere il leader d’una parte dello spogliatoio irpino. La puntata di 400mila euro frutta 60mila euro. Nel racconto frastagliato, la sintesi è racchiusa nel finale: 30mila euro consegnati a Millesi e Izzo, che girarono qualcosa a Peccarisi, responsabile sul gol degli emiliani. QUANTI SOLDI. E’ ancor più sconnesso il percorso che conduce (secondo le confessioni) ad Avellino-Reggina, con una cena alla quale partecipano Izzo, Millesi e Pini. Partono nei giorni successivi, 50mila euro, da destinare a Millesi, attraverso Pini, e stavolta il guadagno di chi «investe», dopo aver puntato altri 400mila euro, è di 110mila euro. Il «potente», secondo la definizione che avrebbe dato Izzo, è Millesi. «E’ lui che comanda tutto». METTILI IN FRIGO. Su ModenaAvellino la narrazione è contorta, nebbiosa, avvolge in sé il rifiuto netto del portiere di Seculin, in una vicenda che si sblocca soltanto al sabato, ma che intanto fa viaggiare questo fiume di danaro da una parte all’altra e con una semplicità disarmante, fino a quando non si decide simbolicamente di custodirlo da qualche parte. «Mettiamolo in frigo». E non è chiaro se questa sia la versione moderna del puffo di Poggiolini o un’espressione vagamente ironica.Tangentopoli o Calciopoli (ennesimo capitolo), il tempo che non passa mai”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.