“Le pagine e le bobine e le voci e i riscontri: Calciopoli (atto ennesimo) è un faldone che occupa spazio e tempo, un malinconico viaggio tra le pieghe d’un mondo ricco di distorsioni, in cui il football si perde tra i vicoli e il malaffare e diviene volano per far soldi, o lavatrice per sciacquarli, o slot machine per accumularne altri. E’ un romanzone, però assai triste, che svela (alcune) tendenze, che ha richiesto l’emissione di undici ordinanze di custodia cautelare, che racconta la vita di chi si perde tra i vialoni di una inchiesta che ha svelato altro ancora e ora vuol capire: Modena-Avellino (1-0) e Avellino-Reggina (3-0) giocate nel campionato di serie B del 2013-14 rientrano negli intrecci comunemente chiamati combine, ma in quel groviglio di nastri e di appunti e di messaggini sono rimasti impigliati altri quattro match (e sono Cesena-Avellino, Avellino-Trapani, Padova-Avellino e Avellino-Spezia) e su tutto ciò che li ha preceduti, gli appuntamenti, le frasi rimaste sospese, almeno quanto i dubbi che restano. A PROVA DI BOMBER. Procura di Napoli, dove venne smascherata nel 2006 Calciopoli (quella originale), la madre di tutte le mega-inchieste, condotta da Filippo Beatrice (con l’altro pubblico ministero Giuseppe Narducci) per il quale il tempo s’è fermato. «A me sembra che non sia assolutamente cambiato niente. Il sistema è immutato». C’è il torbido di quella stagione, e stavolta c’è persino dell’altro: la delinquenza che allunga le proprie mani, perché attraverso le scommesse è più semplice ripulire il danaro o arricchirsi, puntando forte dopo aver trovato gli amici degli amici. COMINCIA COSI’. Eppure, qualcosa nasce per caso: perché alle partite s’arriva indagando su due omicidi. E invece, spunta il pallone e il fango intorno a quelle due partite (Modena-Avellino e Avellino-Reggina) che concentrano una montagna di danaro: trentamila euro più cinquantamila per la corruzione; e quattrocentomila più quattrocentomila per le puntate. Ma non finisce qua e non rimane soltanto già quella massa di fatica dei Carabinieri del Comando provinciale di Napoli che ora è negli atti dell’inchiesta condotta dal pm della Direzione distrettuale antimafia, Maurizio De Marco, e coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice. «Si prosegue, perché…». Perché, per cominciare, vanno capite un paio di cose: conosciuto il mittente – quelli del clan Vinella Grassi – vanno individuati i destinatari di quel danaro. Chi ne ha avuto e quanto? E poi: scoprire quali siano i complici, se ce ne siano: sarà necessario incrociare le utenze telefoniche e le cosiddette cellule, ricostruire eventuali contatti. Una montagna da scalare. PALAZZI. La vita è perfida ed Armando Izzo lo sa. «Riparto dalle mie sofferenze, la mia vicenda è nota. Vado avanti, supererò le difficoltà, voglio fare l’unica cosa che so fare: giocare. Ero in un sogno, sono in incubo». S’è svegliato un bel giorno, il 23 maggio, con la maglia della Nazionale (ancora) addosso e s’è ritrovato (seriamente, da indagato) nel cuore d’una storiaccia che nasce nella sua terra, intorno a lui che «sebbene avulso dal contesto familiare criminale, risulta comunque in grado di intrattenere rapporti diretti con soggetti di spicco del sodalizio». Ma stamani si comincia con gli interrogatori e toccherà a Luca Pini (che è ai domiciliari), “il ponte” per collegarsi a Millesi (pure lui ai domiciliari), capitano di quell’Avellino e di quell’epoca sulla quale sta per planare prepotentemente Stefano Palazzi, il Procuratore Federale, che ha già parlato con Filippo Beatrice. Ne hanno avuto di cose da dirsi, in questo decennio”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.