Corriere dello Sport: “«Bove defibrillato in ambulanza»”

Gli otto minuti che hanno salvato Edoardo Bove sono stati decisivi: quattro minuti per i soccorsi in campo e altri quattro per il trasporto in ospedale. Il prima, il durante e il dopo restano avvolti da mistero, ma una certezza c’è: non ci sono danni neurologici o cardiovascolari, un enorme sollievo per il giovane calciatore della Fiorentina. Come riporta il Corriere dello Sport, il centrocampista si è trovato a vivere momenti critici, ma la tempestività dell’intervento è stata fondamentale per evitare il peggio.

Le cause: tra ipotesi e misteri
Durante il trasporto in ospedale, Bove non era cosciente. “In quel tragitto sono state effettuate manovre rianimatorie e una defibrillazione”, ha dichiarato Giovanni Ghini, presidente della Fratellanza Militare di Firenze, responsabile dell’ambulanza intervenuta. Gli esperti, però, tendono a escludere che l’arresto cardiaco sia avvenuto sul terreno di gioco. Secondo Leonardo Calò, cardiologo del Policlinico Casilino e consulente presso Villa Stuart, “le convulsioni avute da Bove suggeriscono piuttosto una crisi epilettica, forse seguita da un arresto cardiaco in ambulanza. Non è stato rianimato in campo”.

Le possibili cause variano: una contusione toracica da scontro di gioco, un’aritmia o una “torsione di punta”, un tipo di tachicardia ventricolare che può trasformarsi in fibrillazione. Come sottolinea il Corriere dello Sport, è stata la tempestività a fare la differenza: “In Italia siamo leader mondiali nella gestione delle emergenze cardiovascolari, ma occorre migliorare la preparazione di tutti, calciatori compresi, con corsi di primo soccorso e l’uso del defibrillatore”.

La velocità e i soccorsi
Danilo Cataldi, compagno di squadra, è stato rapido nell’intervenire per prestare i primi soccorsi, ma come ricorda Ghini, “la manovra di inserire le dita nella bocca del paziente è fortemente sconsigliata. C’è il rischio di lesioni gravi alle dita e di causare sanguinamenti pericolosi”. La formazione in primo soccorso rimane cruciale: poche ore di corso possono fare la differenza tra la vita e la morte.

I controlli e il ritorno in campo
In Italia, i controlli per l’idoneità sportiva sono tra i più scrupolosi al mondo. Come spiegato dal professor Giuseppe Capua, specialista in Medicina dello Sport, ogni atleta deve superare una serie di esami approfonditi: “Elettrocardiogramma a riposo, test da sforzo, ecocardiogramma, visite mediche generali, analisi del sangue, risonanze articolari e spirometria per la capacità polmonare. Tutto ciò non avviene solo a inizio stagione, ma con cadenza semestrale”.

Sul futuro agonistico di Bove, Capua rimane cauto: “Dipende dalla diagnosi. Eriksen, ad esempio, in Italia non potrebbe giocare per via dei regolamenti più rigidi rispetto all’Inghilterra. Ed è una fortuna”.

Come conclude il Corriere dello Sport, il caso di Bove ricorda quanto sia importante la rapidità di intervento, non solo per gli specialisti ma per chiunque si trovi sul campo. La prevenzione salva vite e l’Italia si conferma un’eccellenza in questo campo.