“Diego Lopez e il Napoli. Corsi e ricorsi. Da giocatore, esperienza disperata e vincente. Ora, alla guida del Palermo, ancora Napoli, stesso avversario, altra sfida… impossibile, tra due giorni, tanto per cominciare. 27 gennaio 2008: lui in campo, Ballardini in panchina, Cagliari dieci punti in classifica, come il Palermo, addirittura ultimo. Però, con un finale magico che Ballardini ha sempre raccontato così: «Fu la mia prima vittoria in A e che vittoria! E quante emozioni! Incancellabili. Il Cagliari non meritava di perdere ed era sotto per il gol di Hamsik. Colpito ma non affondato. Mi vedevo già seduto sull’aereo di ritorno. Avevo già perso due partite in casa contro l’Udinese e a Reggio Calabria. Zero punti, zero gol. In tribuna c’era Regno che ancora non lavorava con me, ma seguiva gli allenamenti, accanto al presidente Cellino. La prima di ritorno. Una nuova sconfitta ci avrebbe scavato la fossa. E invece… Il quarto uomo alza il cartello del recupero e vedo: quattro minuti. Titoli di coda di un’avventura che sembrava finita». LICENZIATO? NO! TRIONFO. «Pensavo: domani tutti a casa con la coda fra le gambe. So bene che funziona così. E invece, in quei pochi secondi rimasti, siamo scesi dalla scaletta. La mia storia e quella del Cagliari cambiarono. Al 93′, pareggiammo con Matri e nel recupero del recupero, il colpo di testa di Conti e l’incredibile successo. Regno e Cellino si abbracciarono in tribuna, poi il presidente scese negli spogliatoi. Da lì, il pareggio a Torino con la Juventus, il formidabile recupero, l’impresa straordinaria. I miracoli nel calcio esistono e sono il frutto della crescita ovviamente se te ne danno il tempo. Lopez era un capitano e un condottiero, giocò quella partita da centrale di difesa, un ragazzo perbene, un poco introverso, tutto per la sua professione e per il Cagliari. Ci conquistammo la fiducia dei ragazzi giorno per giorno, prima regnavano pessimismo e rassegnazione. In certi casi i leader sono indispensabili. Un elemento come Lopez fu di straordinaria importanza anche perché si comportava già come un allenatore. Un aiuto prezioso, uno dei pilastri della riscossa assieme a Conti e Storari». LO CHIAMAVANO IL CAPO. Per Lopez, la prima panchina col Palermo, dopo le esperienze di Cagliari e Bologna con un compito alla Ballardini specialista nell’ottenere in corsa una media punti più alta dei predecessori che pure hanno costruito la squadra. Miracoli e… punti, ingredienti indispensabili. “Fede, convinzione e coraggio”, i comandamenti di Ballardini, che ha nell’ora di corsa la preghiera quotidiana. Anche Lopez ha le sue abitudini e non è nuovo a situazioni complicate. A Cagliari prese in mano la squadra nel periodo delle difficoltà di Cellino e di una stadio fantasma; e a Bologna quando ancora l’iscrizione al campionato era in forse. «Periodi di incertezza che solo uno con valori e personalità poteva portare avanti», ricorda Filippo Fusco, oggi direttore sportivo del Verona, che lo volle al Bologna. «Non a caso, a Cagliari lo chiamavano “Su capu”, il capo. Capitano, guida in campo e fuori. Per allenare a Bologna, accettò di rescindere un contratto pluriennale. Episodio che fa capire l’uomo. Una persona seria, con carisma naturale che riesce a mantenere equilibrio nelle condizioni più disperate, anche durante la partita. Diego non alza mai la voce, non ne ha bisogno, si fa voler bene da tutti, è attento e posato sia nelle vittorie che nelle sconfitte. Ha una famiglia bellissima, tre figli meravigliosi nati a Cagliari. A Bologna accettò la sfida e si mise in discussione lasciando per la prima volta la Sardegna ed ebbe successo malgrado l’esonero prima dei play off con Delio Rossi. Da un punto di vista tattico non è integralista e si adatta alle circostanze. Ecco perché il Palermo ha operato la scelta migliore. Poi non è facile capire come finirà. Dipende da troppe cose»”. Questo quanto si legge su “Il Corriere dello Sport”.