L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul caos nel sistema arbitri italiano con l’ipotesi commissariamento che incombe.
La direzione di Rapuano nella finale di Supercoppa italiana, pressappochista e di poca intelligenza arbitrale, ha avuto un effetto domino clamoroso. In un colpo solo ha: a) rimesso gli arbitri di serie A nella bufera, che solo una settimana fa la conferenza stampa di Rocchi aveva provato a mitigare; b) creato diversi problemi al suo designatore, che già lunedì sera all’Al-Awwal Park di Riyad non era affatto contento (le prime parole di Rocchi al suo arbitro non sarebbero state propriamente un complimento); c) riacceso il fuoco della battaglia politica interna che sta dilaniando la categoria, quest’ultimo forse il primo male degli arbitri in questa fase della loro storia; d) irritato non solo la Lega (cioè le società, basta ricordare la sottile e pungente ironia del presidente De Laurentiis) ma anche la Federcalcio, che guarda con sempre maggiore preoccupazione alla vicenda. Perché avere un calcio in ebollizione non fa bene a nessuno.
Ma il problema, come detto, non è solo tecnico. La faida interna che s’è aperta, come sempre avviene nei mesi pre-elettorali ma mai a questi livelli, si sta ripercuotendo sulla serenità dell’intero mondo arbitrale, non solo in serie A. Anche nelle categorie inferiori, tutti sono preoccupati di legarsi al carro giusto per assicurarsi il futuro. Mortificando, spesso, talenti a qualsiasi livello. Possibile? Di più, reale. Gli schieramenti in campo sono abbastanza delineati: nel ruolo di sfidante, l’ex presidente dell’AIA Trentalange, che dopo essersi dimesso ed essere stato assolto dal mancato “omesso controllo” (diciamo così) per il caso D’Onofrio (l’ex Procuratore capo dell’AIA arrestato per traffico di stupefacenti, nelle ipotesi di chi ha indagato), adesso ha tutta la voglia di riprendersi il posto, e per questo avrebbe rimesso in piedi l’antica band, pronto a tutto. Dall’altra, più che l’attuale governance (il presidente Pacifici e il suo vice, il Richelieu Zaroli, che pure non vorrebbero mollare, l’appetito vien mangiando…) ci sarebbe la coppia Rocchi-Orsato, pronta ad imprimere la svolta con la benedizione di mamma Figc. Il problema, però, è conciliare tutto questo con l’attività tecnica ancora in corso, perché è abbastanza chiaro e lampante che assicurarsi o entrare nelle grazie dell’uno o dell’altro potrebbe valere un pezzo di futuro. Ecco il problema.
Attenzione, perché per uscire dall’impasse, entrambi gli schieramenti hanno una carta in mano: quella di far scattare il commissariamento dell’AIA. Seguiteci: il governo dell’AIA è composto da nove membri, il presidente, il vicepresidente e 7 componenti del Comitato Nazionale. Ecco, gli schieramenti sono – dall’inizio – divisi e opposti ed in guerra fra loro. Da una parte, quelli con l’ex gruppo Trentalange (Katia Senesi, Mazzaferro, Camiciottoli e Marconi), dall’altra quelli con Pacifici e Zaroli (Archinà, Affinito e Zappi). I primi, diciamo prima di Natale, avevano pensato di sfiduciare l’attuale governance, ritirando il loro appoggio: conseguenza, commissariamento. Però… Però si sono fatti due conti e, forse, hanno capito che non conveniva. «Tanto manca poco…» avranno pensato. Ma la stessa possibilità ce l’hanno anche gli altri, identica: per la serie, muoia Sansone con tutti i Filistei. Facendo cadere il governo darebbero al presidente Gravina lo scettro per scegliere il commissario. In molti indicano lo stesso Rocchi il “nume tutelare” (non è un mistero che il suo obiettivo, dopo l’area tecnica, sia fare il presidente, ce l’aveva già quando arbitrava), a via Allegri sono in attesa, non è detto lascino all’attuale designatore l’area tecnica. Un abbozzo di idea, meno di un’ipotesi. Ma tremendamente concreta….