“Erano i giorni natalizi dello scorso dicembre. Il presidente Tavecchio, chiamato alle considerazioni istituzionali di fine anno, sul tema già caldo in quei tempi ormai “sospetti”, a proposito del futuro del ct, era stato un po’ paterno, un po’ fatalista, un po’ iperpragmatico: «Antonio Conte per me è come un figlio, io dico che resterà, ma dovesse andare via, morto un papa se ne fa un altro». Ora che ci avviamo verso la settimana pasquale, dedicata per altro a due prove generali azzurre di primissimo livello, contro Spagna e Germania, ecco che lo scenario obbliga la Federazione a cercare un altro pontefice azzurro. Magari facendo tesoro di un’esperienza che formalmente si chiuderà solo nel prossimo luglio ma che ha bisogno di risposte concrete sicuramente nel giro di un mese o poco più. Il fatto è che l’addio annunciato dall’attuale ct, apre un vuoto che va oltre il ruolo di guida della prima rappresentativa azzurra. Come è noto, a Conte erano state consegnate le chiavi di tutte le nazionali, affidandogli il ruolo di coordinatore federale. Lì dove fino al Brasile c’erano Prandelli e Sacchi, poi c’è stato solo l’ex tecnico della Juve (un modo anche pratico, al netto dell’intervento in solido di Puma, per andare a coprire il ricco ingaggio riconosciutogli due anni fa). La partenza del salentino verso Londra, compreso il suo nutrito e qualificato staff, lascia tutta Coverciano senza una guida competente in materia. La prima cosa da decidere in via Allegri dunque a questo punto è se cercare “solo” un ct, se replicare l’esperimento del doppio ruolo, se viceversa individuare un doppio binario che da una parte garantisca la squadra di punta del movimento, la Nazionale, e dall’altro consenta alla Federazione di non essere vincolata a un allenatore, con tutti gli incerti del mestiere e del mercato. LA COSTRUZIONE DI UN CT. In attesa delle comunicazioni ufficiali di Conte, intanto, la Figc ha iniziato ovviamente a fare le prime valutazioni. Se ancora non si può dire certamente chi sarà il nuovo ct, si può invece prevedere chi non lo sarà: no a un papa straniero, no a un allenatore “giovane” (già la nuova Italia sarà ringiovanita e avrà bisogno di esperienza in panchina), no a un ticket. Tavecchio non vuole né può avere fretta (contattare qualcuno adesso, dato che quasi tutti i papabili sono sotto contratto, precluderebbe la strada verso candidati che potrebbero emergere a breve, “vittime” dei verdetti della stagione). Le condizioni per il nuovo papa vanno costruite (col vantaggio di disporre di risorse ingenti, 4 milioni a stagione, grazie al modello Figc-Puma pro Conte). Parallelamente l’Italia non può, per cento motivi, restare troppo senza erede designato. Da qui i primi giri interni di orizzonte. I nomi sono quelli che già circolano, “mani avanti” comprese. Forse la figura che più risponde a una serie di qualità richieste è quella di Roberto Donadoni. Ma le idee sono molte, comprese quelle apparentemente “folli” (Allegri, Spalletti). La storia in questo senso è maestra: il 9 marzo 2010 Prandelli, al 64’, era ai quarti di Champions con la sua Fiorentina, prima che Robben qualificasse il Bayern, “spingendo” di lì a poco Cesare verso l’azzurro“. Questo quanto scrive l’odierna edizione de “Il Corriere dello Sport” in merito al successore di Antonio Conte sulla panchina della Nazionale.