Corriere dello Sport: “Adesso le società di A vogliono tagliare gli stipendi. I club intenzionati a ridurre i compensi del 15% visto lo stop, per un risparmio di 230 milioni”

L’emergenza Coronavirus ha mandato nel caos il mondo del calcio, adesso le società vogliono tagliare gli stipendi visto lo stop del campionato. L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” fa il punto della situazione. Il calcio sembrava un paradiso terrestre, un’oasi nel deserto, un mondo inattaccabile persino dalla crisi economica che mette in ginocchio i lavoratori di ogni settore. Poi è arrivato il Coronavirus. Una pandemia anche per le tasche dei club: nessun incasso da stadio, merchandising azzerato, attività collaterali annullate, contratti in scadenza, broadcaster che si guardano bene dal pagare l’ultima quota annuale per i diritti televisivi. La terza industria del Paese, in grado di garantire allo Stato oltre 1 miliardo di gettito fiscale, rischia di fermarsi con una liquidità ai minimi termini. I calciatori sono dipendenti e come tali, per legge, andrebbero retribuiti lo stesso. Ma i presidenti di Lega hanno iniziato a sottoporre il problema: chi investe di più chiede ovviamente garanzie e tutele, chi investe di meno rischia di annegare.
Gli ingaggi sono la voce che pesa di più sui bilanci e non può esistere una cassa integrazione per gente che è proprietaria, a sua volta, di aziende con decine di dipendenti. Pensate a Ronaldo, Lukaku e compagnia cantante: sono delle multinazionali che fatturano milioni di euro. Chi li paga, se il carrozzone non va più avanti? Tra i palazzi del potere inizia a serpeggiare la voce di un possibile muro contro muro tra sindacato e proprietà: ovviamente i calciatori non vorrebbero rinunciare allo stipendio, ma tra i presidenti c’è chi ha fatto i conti, facendo capire che così rischia di venir meno la stabilità delle aziende. Il Consiglio dei ministri di ieri ha deciso per la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali fino al 31 maggio 2020 anche per le società professionistiche, ma la Serie A 2019/20 vanta investimenti in stipendi che toccano quota 1 miliardo e 360 milioni di euro (record storico). Trecento milioni li spende solo la Juventus che ha 11 calciatori nella top 20 dei più pagati, poi c’è l’Inter (145 milioni), la Roma (126), il Milan (113), il Napoli (106) e la Lazio (74). Cristiano Ronaldo percepisce un assegno mensile da 2,6 milioni netti, per un totale di 31 milioni annui senza contare gli sponsor personali e tutte le entrate che arricchiscono il suo patrimonio. Dai bianconeri ne percepisce 8 l’olandese De Ligt, ma coi bonus sfonda abbondantemente quota 10 così come Lukaku, Erikssen, Higuain e Dzeko, tutti a 7,5 milioni annui di base.
Come spieghiamo nell’intervista accanto, i club potrebbero valutare il taglio o la riduzione dei pagamenti per il periodo di inattività oppure adottare misure-tampone come le ferie, utili forse a salvare la stagione, prolungandola a luglio, ma non i conti in banca. Chissà quanto durerà l’emergenza Coronavirus. Se togliessimo 2 mensilità a tutti i calciatori del campionato (marzo e aprile), uscirebbe fuori un bottino da circa 230 milioni senza contare la Serie B e la Serie C. A conti fatti, riducendo quindi del 15% il monte ingaggi, la Juventus risparmierebbe qualcosa come 50 milioni, l’Inter 24, la Roma 22, il Milan 20, il Napoli 17, la Lazio 12 e così via, fi no ad arrivare a Brescia ed Hellas Verona, che spendono meno di tutte e si troverebbero tra le mani comunque un tesoretto da 4,5 milioni. Attenzione: quelle che abbiamo dato finora sono tutte cifre nette. Moltiplicatele per 2 (tassa in più, tassa in meno) per avere, in termini lordi, l’esatta dimensione del fenomeno.
Il vice presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Umberto Calcagno, ha predicato calma e unità: «Abbiamo bisogno di sostegno da parte del Governo. Il calcio paga 1 miliardo di tasse allo Stato. È importante che qualcosa, in un momento del genere, venga restituito per aiutare il sistema. Tutta la federazione viaggia compatta su questo fronte». Marco Tardelli, candidato alla presidenza AIC, la vede così: «Non credo sia obbligatorio chiedere ai calciatori di decurtarsi lo stipendio e non è giusto imporlo, ma rinunciare a qualcosa potrebbe essere un segnale di vicinanza per i tifosi e per i cittadini che soffrono».