L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul caso Acerbi accusato di razzismo.
Attenzione alle sfumature linguistiche, perché fanno la differenza in circostanze così spinose. Il giudice sportivo della Serie A non si è lavato le mani sui fatti di San Siro: ha semplicemente chiesto aiuto alla procura Figc, non possedendo gli strumenti necessari per avviare un’indagine approfondita, e nel suo comunicato ha specificato la necessità che ogni decisione sul caso Acerbi-Juan Jesus fosse sempre e comunque una sua prerogativa.
«Che venga approfondito da parte della procura federale per riferire a questo giudice» è la formula con la quale ha chiesto un supplemento d’indagine a Chiné e ai suoi uomini, aspettandosi una relazione che chiarisca l’accaduto prima di decidere se il difensore dell’Inter merita uno stop per l’eventuale insulto razzista. Squalifica alla quale potrebbe poi fare ricorso in Corte Sportiva d’Appello, come nei casi più comuni di squalifiche.
NO ACCORDO. La decisione del giudice chiude ad Acerbi la strada del patteggiamento, che sarebbe stato possibile nel caso in cui Chiné non fosse stato coinvolto solo negli aspetti investigativi (quindi parzialmente). Aggrapparsi all’articolo 126 del codice (patteggiamento pre deferimento), percorso già intrapreso da Acerbi poche settimane fa con la multa pagata per il gesto (dito medio) nei confronti dei tifosi della Roma, avrebbe evitato all’atleta lo scenario di un lungo periodo lontano dai campi, riducendo del 50% una possibile sanzione. Due giorni fa il 36enne è stato rimandato a casa dal ct Spalletti, ora attende di parlare con il procuratore federale ma con lui non potrà trattare.
Tradotto: rischia la stangata, cioè «almeno 10 giornate» o «una squalifica a tempo determinato» come prevede l’articolo 28 del codice, nel caso in cui fosse accertata la sua colpevolezza per comportamenti discriminatori «di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale». Patteggiando, Acerbi non avrebbe neppure dovuto chiedere scusa e dichiararsi colpevole: non lo prevede il codice e in tanti (vedi la Juve con la manovra stipendi) hanno scelto in passato la via dell’accordo con la procura pur dichiarandosi estranei ai fatti. Acerbi, del resto, ha già espresso la propria posizione («Non ho detto nessuna frase razzista, poco ma sicuro») prendendosi la risposta del collega brasiliano che, viceversa, ha parlato sui social di «dichiarazioni contrastanti con la realtà dei fatti».
IL REFERTO. Ma perché il giudice sportivo non ha passato l’indagine alla procura federale, come spesso è accaduto, lasciando ad essa anche il potere discrezionale di sanzionare, deferire o patteggiare? La risposta è in un tecnicismo, tutt’altro che banale: a dare la sanzione sarà il giudice Mastrandrea, come avviene quando c’è un’espulsione, perché l’eventuale insulto razzista sarebbe un fatto di campo rilevato dall’arbitro nel suo referto. La Penna, direttore di gara in Inter-Napoli, non ha ascoltato la frase incriminata, ma ha parlato coi giocatori e registrato l’episodio, e in questo caso il procuratore si limita a un’indagine su delega del giudice. Chiné ha già inviato la relazione degli ispettori federali presenti a San Siro e nelle prossime ore ascolterà Acerbi, Juan Jesus e probabilmente altri loro colleghi. Con la solita modalità: in videocollegamento, con altri colleghi in presenza accanto alla persona interrogata. Nel frattempo, in Via Campania hanno già acquisito gli audio dei dialoghi tra la squadra arbitrale e quelli con il Var. Secondo quanto filtra, il fascicolo non dovrebbe essere chiuso prima di lunedì.