Corriere dello Sport: “Di Marzio «Maresca lo terrei, spazio a Gilardino»”
“«Senza di lui, non ci saremmo salvati …», firmato Roberto Sorrentino. “Lui” è Gianni Di Marzio, per tutti protagonista della rivoluzione nello spogliatoio palermitano. E’ stato lui a riportare il sorriso, a sanare i contrasti, a integrare italiani e stranieri, a distruggere gruppi e gruppetti, a determinare chiarimenti decisivi tra personaggi che come Sorrentino e Ballardini si guardavano in cagnesco, perfino a fare parlare El Mudo («Per prova mi tengo le registrazioni!»). E a ipotizzare il programma per la prossima stagione, con riconferma della vecchia guardia e centralità di Gilardino, che Zamparini ha inaugurato salutando Sorrentino“.
GIANNI ILCICLONE. “Lunedì incontrerà il presidente (poi toccherà a Ballardini) per stabilire il suo futuro. Che parte dalla richiesta di alcune precisazioni. Per esempio: «L’incarico di preparare una squadra competitiva. Sorrentino è andato via e l’avrei fatto firmare subito; Maresca è da riconferma e uno come Gilardino non può restare ai margini». Napoletano di Mergellina, 77 anni, è riuscito a sanare una situazione disperata. Chi non lo conosceva lo ha accostato a Totò e Peppino De Filippo. Ironico, travolgente, pieno di risorse. Contento del paragone? «Non posso paragonarmi a questi autentici fuoriclasse. Il mio segreto è semplice: trasmettere positività». Dal letto della clinica di Monza dove è stato sottoposto ad un intervento di pulizia al ginocchio, Gianni si lascia andare alle più intime confessioni. «Un miracolo, certo, ma c’è di più che mare, sole e pizza in questa impresa. Impossibile se non sei credibile e non hai carisma. I giocatori e Ballardini hanno avuto fiducia. Ho toccato le corde giuste. Sono romantico, mi affeziono, avevo un debito con Palermo per una retrocessione che comunque non meritavamo. Invece, l’ultima giornata fummo beffati da risultati scritti. Ora l’ho saldato»”.
SORRENTINO DYNASTY. “Dalla promozione col Catania, e con Roberto, a Stefano, padre e figlio, le stelle di casa Sorrentino, due dei capitani delle sue conquiste. «Stefano mi ha commosso con le sue parole. A Catania lo vedevo bambino delicato, tenero. Mi avessero detto che sarebbe diventato portiere e famoso, avrei perso la scommessa. Invece ha fatto meglio del papà. Eccezionale anche come uomo e leader di un’operazione che per noi ha il valore di una Champions»”.
ESPERIENZA. “«Quella che manca al Palermo. Porterei alcuni giocatori a Scampia o nei quartieri spagnoli di Napoli perché possano imparare il valore della furbizia. Ne avrebbero bisogno a cominciare da Hiljemark, Quaison e Trajkovski». Per il presidente, Balogh diventerà il centravanti più forte d’Europa. «Più forte non lo so, bravo lo è, deve solo crescere. Djurdjevic? Preferisco lo spilungone (Balogh). Posavec? Ha ottime qualità, sarà un giorno titolare, ma in A non puoi fare a meno di un portiere sicuro». El Mudo ha ritrovato la parola per confermare che va via. «Con me ha parlato, un prodigio anche questo… Ragazzo molto intelligente, ha una bella famiglia e una bellissima fidanzata che sa guidarlo. Certe volte lo vedi sorridere come se fosse assente, invece ha capito tutto»”.
FICARRA, GILA E BALLARDINI. “Chi ha voluto la foto con Ficarra? «Le rispondo con un’altra domanda. Chi è più importante? Io. Scherzo. Me l’ha chiesta lui. Gli ho promesso a nome del presidente una maglia del Palermo a patto di indossarla in tv a “Striscia” dopo la salvezza. Un frase per Gilardino? Grandissimo. Campione in campo e nella vita. In Italia si può comprare? Sicuramente, a cominciare da quei giocatori che ci mancano, veloci, in grado di saltare l’uomo e di fare i gol. Il vero protagonista è stato l’allenatore, coraggioso ad ammettere gli errori, consapevole della necessità di ritrovare feeling con tutti. Ha fatto non bene, di più. Giusto ripartire da Ballardini. E con la vecchia guardia. Senza sarebbe dura»”.
CONCLUSIONE. “«Ora bisogna fare qualcosa, la città va rispettata. Non dimentichiamo che in 35mila ci hanno aiutato e che non si può perdere il patrimonio appena riconquistato. A Palermo mi lega un ricordo triste e fortunato. Il 23 maggio 1992, mentre raggiungevamo l’aeroporto, il giudice Falcone veniva assassinato a Capaci. Per poco evitammo di saltare in aria. Penso che il carnefice non si sarebbe fermato davanti al nostro pullman. Mi sento un sopravvissuto. Cosa farò da grande? Da guerriero non vivo di sogni. L’età c’è, ma non la sento. Oggi vorrei costruire un Palermo vincente»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.