Corriere della Sera: “Verona, l’allenatore in cella per abusi sui baby calciatori”

L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma sullo scandalo che ha visto un allenatore finire in carcere per abusi sui minori.

«Mi ami?» chiedeva l’allenatore professionista di calcio (categorie Esordienti e Giovanissimi di una società scaligera militante nella terza categoria della regione Veneto) ai baby giocatori che aveva il compito di allenare e che invece, stando alle accuse per cui è stato arrestato, avrebbe «obbligato a praticare e subire atti sessuali». Secondo la pm Maria Federica Ormanni, due fratellini veronesi sarebbero stati molestati per quattro anni, dal 2016 al 2020, dal loro coach 61enne attualmente detenuto nel carcere di Trento: avrebbe mostrato ai ragazzini video pornografici, li avrebbe indotti a masturbarsi in sua presenza. Avrebbe carpito la loro fiducia offrendosi di aiutarli a svolgere i compiti scolastici, spesso li accompagnava nei negozi in centro a Verona dove regalava loro articoli di abbigliamento griffati. In base alla ricostruzione delineata dagli inquirenti, l’allenatore avrebbe proseguito con i suoi «avvicinamenti» molesti ai due fratellini minorenni anche dopo essere stato denunciato e indagato per analoghi reati sessuali perpetrati ai danni di un altro suo piccolo allievo.

L’intervento della mamma di un ragazzino. Non si sarebbe fermato neppure dopo l’intervento della madre dei due fratellini, venuta a conoscenza delle gravi molestie attuate dal «mister» nei confronti dei figlioletti: nonostante la donna lo avesse allontanato e gli avesse anche bloccato l’utenza in modo che impedirgli qualsiasi contatto con i ragazzini, l’allenatore avrebbe comunque cercato in vari modi — stando alle accuse — di incontrare uno dei due fratellini presentandosi davanti alla sua scuola e chiamandolo usando il cellulare di un amichetto. Un risvolto, quest’ultimo, che si è tradotto per il coach veronese nell’ulteriore contestazione di stalking, ovvero di atti persecutori, per aver «ingenerato nel minore (si tratta del fratellino più piccolo, ndr) un forte disagio e il timore per la propria incolumità costringendolo — si legge nel capo di imputazione — a modificare le proprie abitudini di vita, avendo dovuto cambiare la squadra dove si allenava e trovandosi costretto a restare a casa per la paura di incontrarlo». Un reato, quello degli atti persecutori ai danni del ragazzino, che l’allenatore è sospettato di aver attuato dal dicembre 2020 fino al 13 maggio 2021. Una vicenda delicata e inquietante, di cui si è tornati a discutere ieri mattina davanti al giudice dell’udienza preliminare Luciano Gorra: la madre dei piccoli si è costituita parte civile con il legale paolo Tacchi Venturi, mentre la difesa (avvocati Alessandro Avanzi e Giuliasofia Aldegheri) ha depositato richiesta di abbreviato condizionato a un esame che accerti le condizioni psichiche dell’imputato.

Niente perizia psichiatrica. A tale istanza difensiva però si è opposta la Procura scaligera, parere condiviso anche dal giudice Gorra secondo cui non sussisterebbero dagli atti elementi che possano far sospettare l’esistenza di infermità mentali da parte dell’imputato, tali da incidere sulla capacità di intendere e volere al momento dei fatti. Di conseguenza, alla prossima udienza, si procederà al rito abbreviato secco. Anche quando uscirà dalla cella, il coach non potrà sedersi in panchina e dovrà tenersi ben lontano dai campi di calcio: lo ha deciso il Tribunale Federale Territoriale (organo della Figc del Veneto) lo scorso 28 luglio, decretando «5 anni di inibizione con preclusione alla permanenza in qualsiasi ruolo e categoria della FIGC».