«Ho avuto una forma di Covid piuttosto aggressiva… ma ho rifiutato il ricovero. Avevo paura, per quello che era successo a mio padre due mesi prima. È stato abbastanza aggressivo, con me. Ho avuto una polmonite bilaterale, febbre a quaranta, tosse continua ed ero stanco, non avevo fame. Sono stati ventiquattro giorni molto duri. Avevo la saturazione a 89-90 e in quell’occasione ci sarebbe voluto il ricovero, però ho rifiutato. Avevo paura, per quello che era successo a mio padre due mesi prima. E allora ho cercato di stare il più possibile a casa ed andare avanti a cortisone, antibiotici, eparina. Con i farmaci sono riuscito ad uscirne, ma è stata veramente dura».
«Calcio? È cambiato in tutto e per tutto. Più che altro sono cambiati i giocatori. Prima c’erano più giocatori tecnici, c’era più classe, più estro, più scuola non solo di tattica ma dei fondamentali. Era diversa la testa dei giocatori. Sono successe tante cose: prima l’arrivo dei social che ha fatto sbarellare e rendere più individualisti i giocatori, poi questa anomalia di un campionato col Covid e senza pubblico. Ma il problema è più di fondo, stanno sparendo i campioni. Prima tu andavi allo stadio e sapevi che, qualsiasi squadra venisse a giocare all’Olimpico o in un altro stadio, c’erano sempre da ammirare uno, due, tre giocatori fuoriclasse che ti avrebbero fatto divertire. Ora ci sono meno campioni e più giocatori costruiti».