L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma su un divieto in particolare per il Mondiale in Qatar.
A due giorni dal via, la Coppa del mondo rischia di perdersi in un boccale di birra. Con un’altra decisione last minute, dopo aver già anticipato la partita inaugurale del Qatar(mai visto un calendario modificato a meno di un mese dalla partenza), il comitato organizzatore ha cambiato idea anche sulla vendita di alcol negli stadi: vietato, compresa la birra dello sponsor che ha versato 75 milioni di dollari (in un budget di spesa di 200 miliardi), che sarà riservata a particolari fan zone e ad aree per le aziende, mentre davanti agli stadi, dove dovevano esserci gli stand, sarà distribuita solo la sua versione analcolica, come confermato in finale di giornata addirittura da un comunicato ufficiale Fifa.
E nell’altalena che caratterizzerà tutto il torneo — l’affannoso arrabattarsi tra il rispetto rigoroso delle leggi locali ispirate dalla sharia e la difesa delle libertà del milione di visitatori in arrivo, unita, come in questo caso, alle ragioni del business — il peso per il momento sembra tutto spostato verso le ragioni dell’Emirato. Che mette la Fifa in una continua difficile mediazione, per esempio verso la Budweiser, sponsor storico dei Mondiali sin dal 1986, che infatti prima ha postato sui social un «Beh, questo è imbarazzante», per poi cancellarlo e scegliere un comunicato più neutro che fa riferimento a «circostanze fuori dal nostro controllo».
Mancava giusto il caso birra ad alienare ulteriori simpatie a un Mondiale che parte con voglia diffusa di boicottaggio e che è contestato sin dal giorno della sua assegnazione, dodici anni fa per ipotesi di corruzione che si sono trasformate in valanga che ha travolto tutto e nel ripensamento tardivo dell’ex presidente Blatter («Un errore venire in Qatar»). E la battuta che gira è che, a parità di limitato rispetto dei diritti umani, almeno quattro anni fa in Russia ci si poteva consolare con gli alcolici. Nei giorni scorsi il New York Times aveva rivelato i primi problemi: sabato la Budweiser aveva ricevuto l’invito da parte degli organizzatori di trasferire gli stand in luoghi «più defilati» e discreti. La paura era che la popolazione locale potesse essere «turbata» da questa inedita facilità di accesso all’alcol che, in genere, nel Paese arabo si trova soltanto negli hotel internazionali dedicati ai turisti.