Corriere della Sera: “Nainggolan il ribelle: «Posso bere 20 drink ma dopo vado in campo, sbaglio e sono felice»”

L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” riporta un’intervista a Radja Nainggolan.

Ecco le sue parole:

Il Ducato di Ferrara gli va stretto, ma non rinnega la scelta fatta per l’amico Daniele De Rossi. Radja Nainggolan è tornato agli onori delle cronache dopo un’intervista di Walter Sabatini, in cui l’ex diesse della Roma lo bacchetta bonariamente. E lui, il Ninja, non si tira indietro e risponde all’ex dirigente giallorosso. «L’ho chiamato gli ho detto che otto shottini sono pochi… io ne bevo anche venti. E poi vado in campo ugualmente. Sabatini mi vuole bene, è convinto che avrei potuto fare di più, ma io sento di aver dato il massimo».

«La notte più folle l’ho vissuta a Roma, a Capodanno – ricorda l’ex centrocampista giallorosso – i miei video ubriaco hanno fatto il giro del mondo: la società andò su tutte le furie: avevano ragione. Voglio bene a Totti, siamo stati felici insieme. La fine del suo matrimonio è un qualcosa che accade a tante altre persone: la vita non è programmabile».

Allenatori e scelte «All’Inter Conte è stato chiaro – continua Nainggolan – mi disse che non facevo parte del progetto, ho apprezzato la sua sincerità. Con Spalletti a Roma è andata benissimo mentre all’Inter ho giocato poco. E’ uno che mi ha sempre detto le cose in faccia. Mourinho? E’ istintivo come me”. Il giocatore non ha rimpianti per la propria carriera, e difende le sue scelte anche a distanza di tempo. “Il no alla Juve? Erano forti, ma non vincevano solo per bravura: erano agevolati. Nel 2014 con la Roma perdemmo 3-2, con due rigori fuori area»

Adesso la Spal in serie B. «Ci sono venuto per Daniele De Rossi e dopo due giornate l’hanno mandato via. Se non ci fosse stato lui neanche ci avrei
pensato. Ha avuto forti divergenze con la società, lo ha detto del resto. Ho riflettuto e alla fine sono rimasto, nonostante tutto. Devo aiutarli a salvarsi».

È arrivato a Ferrara dopo essere stato messo alla porta dall’Anversa in Belgio. «Ero contento di essere tornato nella città dove ci sono due delle mie figlie e dove sono cresciuto. Quando sono arrivato all’Anversa dicevano che ero un grande giocatore, alla fine mi hanno trattato come un pezzo di m…, un parassita. Non li perdono».

Ma aveva fumato in panchina, guidava con patente scaduta. «Sì ho sbagliato, si può ogni tanto? Agli umani succede. Non è che poi per un mese si deve parlare sempre del mio errore. Mi hanno impedito di entrare dalla porta principale, spostavano le mie cose nello spogliatoio. Mi dissero: dimostra che sei cambiato e mi sono comportato bene. Non hanno mantenuto la parola».

Dopo il calcio? «Ancora il calcio». Si sente felice? «Continuerò pure a sbagliare per essere felice»

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Redazione Ilovepalermocalcio