Corriere della Sera: Bertolaso “Misure drastiche o situazione come a metà marzo”
Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile italiana, ha voluto commentare la situazione che sta vivendo il nostro Paese con l’emergenza Coronavirus. Di seguito l’intervista rilasciata ai microfoni di “Il Corriere della Sera”:
«La vedo molto dura, la situazione. Complicata e piena di tranelli, perché purtroppo a metà novembre saremo come a fine marzo. Con la differenza che allora l’epidemia riguardava Lombardia e Veneto, mentre ora abbraccia tutta Italia. Il virus si è sparpagliato ovunque, anche le Marche non sono messe bene. Si vede chiaramente come a metà del prossimo mese la curva di contagi, ricoveri e morti avrà un’impennata insostenibile se non si prendono subito misure drastiche».
Secondo lei dunque non c’è salvezza?
«Se il diagramma corrisponde a verità, rischiamo tra poco più di due settimane di ritrovarci nei guai. I pilastri necessari per contrastare
l’epidemia si stanno sgretolando, il servizio sanitario ha l’acqua alla gola e non sarà in grado di rispondere all’emergenza incalzante. Non vorrei rivedere le scene di medici russi, cubani e albanesi che accorrono in nostro aiuto nelle rianimazioni».
E loro cosa c’entrano?
«È inaccettabile aver avuto bisogno di loro in un Paese con la nostra tradizione medica. Siamo diventati terra di conquista, terzo mondo. Va bene, a marzo siamo stati colti di sorpresa. Adesso no. Eppure mancano posti in ospedale, i nuovi letti di rianimazione veri a me risultano molto pochi oppure sono stati realizzati chiudendo sale operatorie o togliendo spazio altrove. Si è perso tempo durante l’estate».
Che altro?
«Capitolo medicina base: dovevano essere assunti 10 mila infermieri. Dove stanno, come sono stati distribuiti? Il filtro dei medici di famiglia è di nuovo saltato e i pronto soccorso sono sotto pressione. Tagliate le visite ambulatoriali ordinarie, ed è gravissimo perché patologie gravi rischiano di essere diagnosticate troppo tardi».
Il mezzo lockdown non basta?
«No, credo che sarebbe meglio fermare del tutto il Paese per un mese, subito, siamo ancora in tempo per non arrivare a quei numeri. Con uno stop generale, da un lato potremmo cercare di arrestare la diffusione, dall’altro permetteremmo al sistema di riorganizzarsi. Resettiamo
l’Italia, senza aspettare di vedere se le nuove misure sono state efficaci».
Non pensa alle conseguenze economiche disastrose?
«Sono già in atto. Si può intervenire aumentando le disponibilità del decreto Ristori, magari prendendo i soldi del Mes. Cosa cambia se oggi blocchiamo bar e ristoranti alle 18 se poi a novembre dovremo chiuderli del tutto?».
Non è un’attenuante che il resto d’Europa stia peggio?
«Mi rifiuto di ragionare secondo il mal comune mezzo gaudio. La prima ondata è stata gestita meglio di tutti gli altri governi. Il patrimonio di conoscenze e prestigio conquistato a marzo e aprile è stato dilapidato perché nei mesi estivi non è stato fatto nulla per mettere il Paese in sicurezza. In migliaia sono in isolamento a casa, perché non si è capaci di dare alloggio ai positivi. Quando ci fu il terremoto noi mandammo in albergo 70 mila persone in pochi giorni».
Ambisce a diventare sindaco di Roma?
«Non mi sono candidato a diventare nulla per la mia città. Sto facendo il volontario per aiutare il Paese nell’emergenza Covid. Ho realizzato gratuitamente posti di terapia intensiva a Milano e a Civitanova»