L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma su quanto accaduto al centro commerciale di Assago.
Sono i volti terrorizzati delle persone in fuga a far intuire il terrore, a stravolgere un banale giovedì pomeriggio. Per alcuni interminabili minuti, la ressa al Carrefour di Assago, comune alle porte di Milano, vive il panico senza sapere e senza capire. Osserva pietrificata la gente terrorizzata e in lacrime allontanarsi a perdifiato. Sente le urla di spavento, i singhiozzi. Ma non vede nulla. «Io ero lì, stavo entrando mentre iniziavano a scappare le prime persone — racconta ad esempio Domenico Anselmo —. Non si capiva niente, tantissimo terrore, e un fuggi fuggi generale».
Come lui, sono in molti a scoprire la follia esplosa tra le corsie solo più avanti, mentre le sirene s’affollano tutt’attorno. Mentre la comunità dei dipendenti intanto s’attiva, telefonino alla mano, per capire, per sincerarsi delle condizioni dei colleghi.
«L’ho saputo dalla tv, e abbiamo iniziato tutte a chiamarci e a scriverci», spiega Giovanna Fontana, da tempo in pensione, ma ancora legata a molti al punto vendite di Assago. «È stato un incubo, mi hanno detto. Si sono trovati davanti questo matto». L’aggressore ha detto qualcosa? «Non lo sanno, troppa confusione, urla, caos».
«Luis è stato sfortunato», dice della vittima: «Non lo conoscevo bene, lavorava ai reparti, andava in cassa solo raramente». Tra i feriti c’è un altro dipendente, di 40 anni, a cui è molto legata: «Un ragazzo d’oro. Lo conosco da quando, studente universitario, era arrivato in stage».
In quei momenti, mentre sulle pagine social della zona rimbalzano gli avvertimenti a non avvicinarsi, all’interno chi non riesce a prendere la via dell’uscita cerca riparo dove può. Spesso è l’aiuto di commercianti e commesse dei negozi affacciati sulla galleria centrale a offrire un nascondiglio per sottrarsi all’incubo. «Lì per lì ho preso una cliente e l’ho portata nel magazzino», è la prima reazione della dipendente della boutique Capello point: «Non potendo chiudere il negozio da dentro, ho pensato di rinchiuderci nel magazzino. Qua di fronte ci sono le casse e l’uscita: se l’aggressore non vede nessuno, prende e va, è stato il mio ragionamento».