Con Palermo e Frosinone, per la conquista della promozione, ci sono in lizza Venezia e Cittadella. Due squadre così lontane ma così vicine che hanno tanti punti d’incontro ma anche molte contraddizioni. Di seguito quanto scrive il “Corriere del Veneto”:
“Un salto di categoria dalla C alla B a distanza di dodici mesi: nel 2016 toccò al Cittadella, nel 2017 al Venezia. E domenica hanno conquistato il secondo turno play off in serie B: i granata impattando 2-2 un’autentica battaglia con il Bari, i lagunari vincendo 3-0 con il Perugia. I punti di contatto fra due delle quattro semifinaliste dei play off, nel giorno in cui il calcio veneto sogna ad occhi aperti dopo la doppia conquista del pass per il penultimo atto per la serie A, finiscono qui. Cieli tersi, nuvole bianche e paradisi non più così lontani. Venezia e Cittadella, estraendo dal cassetto la lente di ingrandimento e scrutando anche i dettagli apparentemente più insignificanti, non potrebbero essere due mondi più lontani: come storia, pubblico, spesa, rappresentatività nel territorio, modus operandi. E che, chissà, potrebbero anche ritrovarsi di fronte per giocarsi la serie A. Una, il Venezia, ha un presidente che non potrebbe essere più internazionale: un affermato avvocato newyorkese di origini italianissime come Joe Tacopina, 52 anni, che muove capitali, investe e pensa, che scova soluzioni sorprendenti e che ribolle di passione. L’altroieri era nella capitale a salvare la Roma, ieri era a Bologna a rilanciare i rossoblù, oggi è a Venezia a tentare un clamoroso tris di promozioni. Domani, chissà. «Il mio vocabolario — tuona — non conosce la parola paura. Siamo noi la squadra più forte di tutti i play off». Punto. Due anni fa lo prendevano per visionario. Oggi tutti vogliono salire sul suo carro. Perché comunque andrà domani con il Palermo, sarà un successo.
L’altra, il Cittadella, ha un presidente che sembra l’esatto opposto. Padovano, 61 anni, radicatissimo nel territorio, a capo dell’impresa di famiglia del padre Angelo (da una vita proprietari del club) e a una squadra che non finisce di stupire. L’antipersonaggio per eccellenza, gentile e riservato, presente ma capace di delegare. I riflettori non li cerca e, anzi, ne farebbe volentieri a meno. Orgoglioso del pubblico che cresce: «Sono contentissimo della presenza e della partecipazione dei nostri tifosi, la partita con il Bari ha dimostrato che siamo cresciuti sotto tutti i punti di vista. E adesso vediamo cosa succede col Frosinone». 5703 al Tombolato per Cittadella-Bari, 5732 al Penzo per Venezia-Perugia. Eccolo, un punto di contatto solo apparente fra le due realtà: il numero di paganti domenica. Perché all’inizio del secolo al Penzo andavano in quindicimila, poi fallimenti e problemi hanno rischiato fortemente di disperdere un patrimonio. Due anni fa si arrivava a stento a duemila spettatori, oggi con i numeri si ricomincia a ragionare. Vent’anni fa al Tombolato andavano in mille appassionati, adesso gli spettatori sono come minimo tre volte tanto e il bacino d’utenza si allarga a vista d’occhio. I risultati sportivi sono il volano che permette di rosicchiare pubblico a Padova e Vicenza e c’è da scommettere che, in caso di serie A, il trend aumenterà ulteriormente.
E poi le spese. Il Venezia ha «il quarto budget della B e 13 milioni di costi per la gestione complessiva del club» (Tacopina dixit), il Cittadella è la Cenerentola della categoria con un budget tra i cinque e i sei milioni. Il monte ingaggi parla chiaro: 8,5 milioni il Venezia, tre il Cittadella. Eppure sono lì a braccetto, con due strutture e due filosofie di vita che più diverse non potrebbero essere. Da una parte una struttura extralarge: un Ceo (Andrea Rogg), un dg (Dante Scibilia), un ds (Leandro Rinaudo). Dall’altra un dg plenipotenziario e «mago» delle plusvalenze (Stefano Marchetti), che fa tutto e anche di più: dal pescare perle nelle categorie inferiori, fino a conteggiare le carte carburante dei pulmini delle giovanili. A lui, e giustamente, Gabrielli si affida al 100%. E poi ci sono le stelle. Il regista Leo Stulac è in vetrina, a Venezia corre e sprinta che è un piacere. A gennaio sarebbe dovuto uscire per un prestito, poi il contrordine: «Resti». Ha un contratto fino al 2019 e il Genoa, giusto per fare un esempio, se vorrà tesserarlo dovrà bussare alla porta di Tacopina. E staccare un assegno cospicuo, magari sui 5 milioni. Cinque come i milioni che vale il gioiello granata Marco Varnier. Prelevato nel 2014 dal vivaio del Padova, il difensore granata ha scalato le vette fino all’Under 21. In estate arriverà una plusvalenza a cinque stelle per la gioia delle casse del Cittadella. E ora le semifinali. Per sognare, ancora”.