Il punto non è tanto che la Sicilia sia stata definita zona arancione dal governo giallorosso, quanto che fra le regioni «a rischio medio-alto» non ci siano, ad esempio, Campania, Lazio e Liguria. La Campania ha avuto oltre quattromila nuovi positivi; la Sicilia poco più di mille. La Campania ha quasi 55mila positivi, la Sicilia 18mila. Il Lazio ricovera 2.317 positivi a fronte dei 1.100 siciliani, con 217 in terapia intensiva a fronte dei nostri 148. Eppure, Campania e Lazio sono assegnate a zona gialla.
La spiegazione ha due radici. La prima è scientifica. A Roma fonti di ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità già lunedì attestavano la zona arancione per la Sicilia. Basata, in numeri assoluti, soprattutto sull’indice Rt (1.42) e sull’occupazione delle terapie intensive (25,5%), vicini rispettivamente alle soglie d’allerta di 1.50 e 30%. Ma gli “indicatori di monitoraggio” che, nel report Iss aggiornato al 30 ottobre, condannano l’Isola sono anche altri. Il primo è il trend dei focolai in rapida crescita: da 341 a 504 in una settimana.
E poi c’è il «rischio di una escalation a rischio alto nei prossimi 10 giorni», con «più del 50%» di probabilità che le terapie intensive entrino in sofferenza e che l’occupazione dei posti letto nelle aree mediche superi il limite d’allarme del 40%. Alla fine, pur stimando un «basso impatto del Covid-19 sui servizi territoriali», in Sicilia l’Iss definisce «alto» il rischio di una «dichiarata trasmissione non gestibile in modo efficace con misure locali (zone rosse)». Ed ecco la pagella finale per l’Isola: una «dichiarata criticità», e dunque una classificazione del rischio «alta», con «probabilità alta di progressione» dovuta a «molteplici allerte di resilienza». Per questi motivi, al di là delle chiacchiere di tutti i colori, la Sicilia è arancione. E le altre regioni? La situazione di rischio in Lazio e Campania per l’Iss è «moderata con probabilità alta di progressione». Quindi, oltre l’apparenza, meno grave.
E infine la radice politica. Rumors romani sussurrano di un iniziale dialogo fra Speranza e Musumeci, seppur con molte perplessità di quest’ultimo, sulla Sicilia «prudenzialmente» in seconda fascia. Il governatore se ne sarebbe fatto una ragione, se fosse stato in buona compagnia, come magari qualcuno gli avrà lasciato intendere. Non è andata così. E ora si sente tradito. Prima che beffato. Viola di rabbia per il trappolone arancione del governo giallorosso.