Coronavirus, l’ex rosa Sannino: «Valuto il ritorno in Italia. La salute prima del lavoro»
Intervnuto a “TMW Radio”, durante ‘Stadio Aperto’, il tecnico del Honvéd di Budapest ed ex rosanero Giuseppe Sannino ha parlato della situazione legata al Coronavirus.
Come è la situazione in Ungheria?
«Sabato abbiamo giocato a porte chiuse, ieri ci hanno detto che è tutto fermo a tempo indeterminato. Il calcio passa in secondo piano, adesso la priorità è la salute: giusto sospendere tutto. In questo momento qui non c’è l’allarmismo che c’è in Italia, ma sono comunque stati fatti dei piccoli grandi accorgimenti come la chiusura delle scuole. Non è la Budapest di un mese, di solito è sempre una città molto accattivante per i turisti. Come hanno reagito i giocatori? A volte pensiamo di essere invincibili, ma poi ti fai delle domande. Ho visto in tutti un po’ di paura».
Ciò che sta accadendo in Italia?
«L’Italia è stato il fulcro dell’Europa su questo problema, chi ci vive mi racconta che non ha mai visto il paese in queste condizioni. Il mio preparatore dei portieri, Avramov, è serbo e mi ha detto che in patria c’è un coprifuoco da rispettare necessariamente. Venti giorni fa chiunque veniva dall’Italia era messo in quarantena, era visto in un certo modo. Ho fatto anche il tampone, dopo la quarantena, e sono andato avanti. Per il bene di tutti, il popolo italiano deve essere unito e sto vedendo ciò: sembra che siamo tornati ai tempi della vittoria ai mondiali. Il mio augurio? Che l’Italia non debba aspettare sempre qualcosa per essere prima nel mondo, abbiamo tante eccellenze e un paese bellissimo».
Se rientra in Italia non potrà tornare a Budapest…
«Sto valutando perché ho uno staff che ha le famiglie in Italia, ognuno pensa ai propri cari. La salute viene prima del lavoro. Noi pensiamo che sia anche giusto tornare, ma credo sia importante parlarne con la società, che ci ha dato l’opportunità di conoscere questa bella realtà. Domani avremo un incontro e capiremo bene cosa vogliamo fare. Se non ci fosse stato un evento simile, non ci saremmo mai posti il problema».
La UEFA oggi ha sospeso tutto…
«Quando non si sa la materia, è importante non dire stupidaggini. Se adesso hanno fermato tutto, vuol dire che hanno capito la gravità della situazione. Il quesito più importante è capire quando e come si riprenderà: se non si debella il virus, non penso si possano portare allo stadio 30 mila persone. Dobbiamo avere la certezza che non c’è più questo pericolo».
Le difficoltà di giocare a porte chiuse?
«Il calcio è fatto per la gente, ma capisco anche che è una delle industrie più importanti al mondo. Giocare a porte chiuse è come fare l’amichevole il giovedì, gli stimoli sono diversi. Ma è il male minore e va accettato, anche se ribadisco sempre che la salute viene prima di tutto».