Coronavirus, la teoria del fisico: «Il caldo e il mare salveranno la Sicilia dall’epidemia»
Marco Trapanese, professore associato di Macchine Elettriche della facoltà di Ingegneria dell’ateneo palermitano e fino a qualche mese fa anche fisico sanitario dell’ospedale Policlinico, ha avanzato delle teorie che vedrebbero il caldo ed il mare salvare la Sicilia dall’epidemia del Coronavirus. Questo quanto riportato da “Palermotoday”. Ecco qui di seguito le sue teorie nello specifico.
A Palermo, come in Sicilia, la crescita dell’epidemia non è esponenziale. Come possiamo spiegarlo in modo matematico?
«Facciamo una premessa. L’innesco di un’epidemia, quello che noi matematici chiamiamo tecnicamente “on set”, non è una condizione che va analizzata esclusivamente dagli epidemiologi. Possiamo valutare un innesco anche attraverso gli strumenti di fisica dei sistemi complessi. Il modello Sir (che è l’acronimo di suscettibili, infetti, rimossi), che è quello che utilizzo io, è un modello matematico di epidemie. Fu pubblicato circa 90 anni fa tra gli atti della società reale britannica non nella sezione relativa alla medicina bensì in quella di fisica, matematica e ingegneria».
Secondo questo modello dunque come si comporta l’epidemia in città?
«Le epidemie hanno sempre un comportamento iniziale che è esponenziale. Significa che il numero dei casi, appena si accende l’innesco, aumenta di una percentuale in modo costante. Questo in Sicilia e ancor più a Palermo ancora non si vede. Qui a Palermo l’aumento è lineare. Comincia leggermente ad aumentare, c’è una leggera fluttuazione settimanale, ma ancora non tende ad aumentare».
Siamo lontani dai numeri di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, è vero. Ma anche qui c’è molta preoccupazione, soprattutto perché nei giorni scorsi moltissimi siciliani hanno fatto rientro nell’isola proprio da quelle regioni…
«E’ vero, ma i numeri anche in questo caso ci danno una risposta. I 12 mila casi della Lombardia equivalgono ai 4.800 dell’Emilia Romagna perché dobbiamo guardare a questi dati facendo un rapporto rispetto agli abitanti. Questi numeri bruti vanno normalizzati, come diremmo tecnicamente, rispetto alla popolazione. Ecco, se vogliamo normalizzare questi numeri guardando a Palermo possiamo dire che il numero di casi per unità di persone è 10 volte meno rispetto alla media italiana e 100 volte meno rispetto alla media della sola Lombardia».
E questo che vuol dire? Che non ci ritroveremo allo stremo come sta succedendo in città come Bergamo, Brescia, Milano o Cremona?
«A Palermo siamo lontani dall’innesco. Non abbiamo registrato gli effetti della prima ondata di rientri al Sud. Non conosciamo ancora come si comporterà la seconda tranche, di appena qualche giorno fa. Per questa dovremo aspettare il fine settimana. Poi le temperature calde e il sole potrebbero fare la loro parte».
Vuol dire che sole e caldo possono essere determinanti per evitare la diffusione del virus?
«Anche. Un’epidemia è come se fosse un’improvvisa inflorescenza di una pianta, necessita che le condizioni ambientali e di temperatura siano favorevoli. Se esse lo sono la coltivazione parte e si sviluppa in modo esponenziale, se le condizioni ambientali sono avverse, la coltivazione non progredisce».
Una bella teoria. Se così fosse Palermo si salverebbe…
«Se c’è troppo caldo o troppo freddo il virus ha difficoltà. Le zone di mare sembrano avere un andamento diverso rispetto a quelle industriali, come può essere per esempio la pianura Padana, una vera e propria sacca chiusa di territorio. Per esempio Whuan, sul fiume azzurro, è la via commerciale dell’entroterra cinese che porta a Shangai, sul mare. Due città in collegamento ma lontane se parliamo di numeri. L’una focolaio, l’altra con un minor numero di contagiati osservando i dati rispetto al rapporto con i suoi abitanti. Per non parlare dell’inquinamento».
Che c’entra l’inquinamento?
«Guardiamo Catania. Più industrializzata di Palermo, ha l’aeroporto più vicino alla città. E poi ospita il vulcano. I casi sono il doppio rispetto a qui. L’aria di mare tende a essere più pulita, così come i luoghi di montagna. Questo ci spiega perché i distretti industriali sono più colpiti. Le emissioni dell’Etna e la densità industriale di quella città potrebbero infatti non avere aiutato».
Quindi dobbiamo confidare in un’estate anticipata?
«Il virus viene trasmesso con delle particelle di saliva che tecnicamente vengono chiamate ‘pflugge’. Le pflugge sono particelle d’acqua a tutti gli effetti. Se la temperatura è troppo bassa il virus ghiaccia se invece troppo alta evapora. Ci sarà un motivo se in passato una delle terapie più in voga per la cura della Tubercolosi consisteva nel soggiornare per alcune settimane nei sanatori di montagna o al mare».
Cosa vuole dire? Che la Tubercolosi è come il Coronavirus e che quindi potremmo curare il Coronavirus come si curava la Tubercolosi ovvero con il mare?
«Beh, la Fondazione Veronesi lo sostiene per la Tubercolosi. Il meccanismo di trasmissione del Coronavirus e della Tubercolosi è analogo ed entrambe le malattie colpiscono i polmoni. Con il tempo ovviamente, e anche con i progressi compiuti in campo farmacologico, questa antica tradizione è andata via via scemando. Ma a Palermo i malati di Tubercolosi li spedivano nei sanatori a Villa Igiea».
Mare di Mondello, caldo estivo siciliano. A Palermo quindi siamo o non siamo di fronte a un’epidemia?
«Da un punto di vista matematico l’epidemia a Palermo non c’è ancora e mi auguro che non arrivi mai. Ma perché ciò avvenga è fondamentale che tutti si attengano alle misure di contenimento prescritte dalle autorità quindi lavarsi le mani, distanza di sicurezza e limitazione degli spostamenti ai soli casi di necessità».