Coronavirus, il mistero sulle origini: l’analisi delle tre teorie
La scienza si concentra sulla ricerca per porre fine alla pandemia. Come riporta “Adnkronos.com”, il Washington Post dedica un articolo a tre teorie: “una chiaramente falsa, una possibile ma non supportata da prove note e una sostanzialmente vera”. Intanto la Cnn rivela che gli Stati Uniti indagano sulla possibilità che il coronavirus sia ‘nato’ in un laboratorio di Wuhan e che si sia diffuso per un incidente e la Cina torna a smentire. Secondo la prima ipotesi l’epidemia è collegata alla ricerca sulle armi biologiche. A gennaio, quando iniziava il lockdown nella provincia cinese di Hubei, il Washington Times, espressione del mondo conservatore, rilanciava una ricerca dell’ex ufficiale dell’intelligence militare israeliana, Dany Shoham, per sostenere che il “coronavirus potrebbe essere nato in un laboratorio collegato al programma di armi biologiche della Cina” a Wuhan, suggerendo – scrive il Post – che “il Laboratorio nazionale per la biosicurezza e l’Istituto di virologia di Wuhan lavorassero al programma”. I laboratori esistono, ma non ci sono prove. “In base al genoma e alle proprietà del virus non vi sono indicazioni che si tratti di un virus costruito” in laboratorio, ha detto al Post un professore di biochimica della Rutgers University, Richard Ebright. “Ha troppe caratteristiche distinte, alcune delle quali contro intuitive”, ha commentato con Science News il virologo Robert Garry della Tulane University di New Orleans. Nonostante tutto, scrive il Post, un sondaggio del Pew Research Center diffuso la scorsa settimana rivela che quasi tre americani su dieci sono convinti che il virus possa essere nato in laboratorio. Secondo la seconda teoria il coronavirus si è diffuso da un laboratorio a causa di un incidente. Alternativa “più plausibile” rispetto alla prima teoria, secondo le parole del Post. Un virus di origine naturale che potrebbe essersi diffuso per un incidente dai laboratori di Wuhan. Il professor Ebright ha detto al Post di ritenerlo “almeno altrettanto probabile” quanto un incidente fuori da un laboratorio. Altri scienziati non sono d’accordo. Ma “ci sono prove circostanziate”, scrive il Post che fa riferimento alle ricerche sui coronavirus dei pipistrelli di ricercatori della sede di Wuhan del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. Due giorni fa il Washington Post scriveva di cablogrammi diplomatici che nel 2018 avevano già nero su bianco i timori per le misure di sicurezza e la gestione dell’Istituto di virologia di Wuhan. Ma, sottolinea il giornale, questo non dimostra che il nuovo coronavirus sia mai stato studiato a Wuhan. “Non ci sono prove si sia diffuso da un laboratorio”, ha rimarcato il microbiologo Andrew Rambaut dell’Università di Edimburgo. Per la terza teoria “il governo cinese ha ingannato il mondo sul coronavirus”, scrive il Post, ricordando di aver scritto a inizio febbraio dell'”offuscamento delle informazioni” da parte della Cina. Pechino è stata lenta nella condivisione dei dati, anche con gli esperti dell’Oms, scrive il giornale citando l’inchiesta di ieri dell’Associated Press secondo cui il gigante asiatico non avrebbe dato l’allarme per sei giorni, cruciali per la diffusione del virus. Il Post cita anche articoli di giornalisti cinesi con i dubbi sul tasso di letalità a Wuhan (i dati ufficiali confermati stamani da Pechino parlano di un totale di 3.342 morti con coronavirus in tutto il gigante asiatico) e scrive del ritiro di ricerche scientifiche che ipotizzavano nella Cina l’origine dell’epidemia. Il giornale ricorda poi le “teorie infondate” di un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian, sulla possibile origine del virus negli Usa.