Coronavirus: ecco quanto permane sulle mascherine

Secondo quanto spiega il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) dal titolo “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza Covid-19”, pulire con un detergente le superfici prima di disinfettarle e prestare massima attenzione all’utilizzo delle mascherine chirurgiche, poiché la presenza di particelle virali infettanti può esser “rilevata fino a 4 giorni dalla contaminazione».

Riguardo alla stabilità nel tempo del SARS-CoV-2 su differenti superfici il rapporto fornisce una tabella che mostra, tra l’altro, come sul tessuto le particelle virali infettanti sono state rilevate fino a 24 ore dopo la contaminazione mentre nello strato interno delle mascherine chirurgiche sono state rilevate fino a 4 giorni dopo. «I dati riportati sono il frutto di evidenze di letteratura scientifica – spiega all’ANSA Paolo D’Ancona, medico epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) – ma vanno declinate in base alle situazioni ambientali, ad esempio i coronavirus resistono meglio a temperature basse e in ambienti umidi. Il fatto che sopravvivono, inoltre, non significa di per sé che trasmettano la malattia: se ci sono poche particelle virali, infatti, la carica infettante è minore. Purtroppo però non si conosce quale sia la dose minima per infettare, anche perché dipende anche dalle difese immunitarie dei singoli individui. Pertanto, bisogna stare sempre molto attenti». Questo spiega l’attenzione degli esperti, soprattutto nella Fase 2 in cui ci sarà una ripresa della circolazione delle persone e un grande utilizzo di dispositivi di protezione individuali.

«Le mascherine lavabili – prosegue D’Ancona – vanno usate una volta sola e poi messe subito in lavatrice, senza poggiarle sui mobili. Quelle monouso vanno gettate nella raccolta indifferenziata subito dopo l’utilizzo. In entrambi i casi vanno toccate solo sugli elastici, lavandosi prima e dopo le mani. Attenzione infine a non gettarle a terra, il rischio infettivo è minimo ma l’impatto sull’ambiente è alto».

Il rapporto precisa, inoltre, la distinzione tra termini oggi molto utilizzati, come la sanificazione, un «complesso di procedimenti e operazioni» di pulizia che comprende il ricambio d’aria in tutti gli ambienti, e la disinfezione, ovvero il trattamento per abbattere la carica microbica che va effettuato utilizzando prodotti disinfettanti autorizzati dal Ministero della Salute. C’è poi la detersione, che consiste nella rimozione dello sporco ed è un’azione necessaria prima della disinfezione, perché «lo sporco è ricco di microrganismi che vi si moltiplicano e sono in grado di ridurre l’attività dei disinfettanti». I prodotti che vantano un’azione disinfettante, ovvero in grado di uccidere patogeni, infine, «non vanno confusi con detergenti e igienizzanti». Per questi ultimi, infatti, non è prevista alcuna autorizzazione.