L’edizione odierna de “Il Fatto Quotidiano” si sofferma sulle parole rilasciate da Damiani Tommasi in merito al coming out di Jankto.
Il bello delle opinioni è che anche loro invecchiano. E proprio per questo possono essere riviste, corrette, abbandonate. È successo così anche a Damiano Tommasi, un passato da centrocampista nella Roma scudettata di Capello (e nella Nazionale) e un presente da sindaco di Verona. In mezzo, nove anni da figura apicale dell’Associalciatori, il sindacato nazionale dei nostri giocatori. Nel novembre del 2011, al quarto mese di presidenza, Tommasi era stato intervistato da Klaus Davi, che lo aveva incalzato sul tema dei gay nel mondo del pallone: “Sconsiglio l’outing ai giocatori omosessuali, certo – aveva risposto Tommasi – In una squadra di calcio si condivide un’intimità, non so in quali altri mestieri si faccia la doccia tutti assieme. Non considero il mio un messaggio omertoso, ma semplicemente opportuno (…) Un outing potrebbe rivelarsi un boomerang, si verrebbe ridotti a una macchietta”.
È una frase che ha fatto discutere. E anche parecchio. Ma è anche un pensiero che appartiene a un passato lontano. E nel frattempo, il sentire comune è cambiato. In questi dieci anni Tommasi ha lavorato attivamente per cancellare le discriminazioni. Non è un caso che una delle sue prime iniziative come sindaco di Verona è stata la cancellazione di tre mozioni, adottate nel 1995, che impegnava l’amministrazione comunale a “non deliberare provvedimenti che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali costituite da un uomo e una donna”. Un colpo di gomma importante, che cancella un momento oscuro della nostra politica. Basti pensare che, in fase di approvazione di quelle mozioni, un consigliere comunale della Lega aveva detto: “Vogliamo far diventare un piccolo normale un grande gay?”.
Normale che, oggi, il sindaco di Verona non si rispecchi più in quella frase detta a Klaus Davi quasi dodici anni fa. “In molti mi avevano chiesto di commentare il coming out di Jakub Jankto – spiega Tommasi – ma io credevo che fosse giusto far parlare prima il mondo dello sport. Ora posso dire che una notizia simile non può che far piacere, perché è venuta direttamente dal ragazzo e da un atleta nel pieno della sua carriera. Si tratta di un tema molto intimo e personale, e credo che sia una cosa auspicabile mettersi al servizio di chi, liberamente, volesse aprirsi su questo tema”. Quella parola, “liberamente”, acquista un valore fondamentale nel pensiero di Tommasi. Perché si tratta di un passaggio talmente intimo che non può essere soggetto a costrizioni o a sollecitazioni esterne, ma deve venire dal profondo di ognuno. Per dire: nel giugno del 2006, mentre l’Italia vinceva il Mondiale tedesco, l’Arcigay aveva chiesto alla ministra Giovanna Melandri di impegnarsi per combattere l’omofobia nello sport e spingere “i calciatori gay della nazionale a dichiararsi”.