Estorsioni, gestione di centri scommesse, traffico di droga, anche il progetto di un omicidio. A questo puntava la famiglia mafiosa di Bagheria dopo la scalata al potere del boss emergenze Massimiliano Ficano.
Un’operazione dei carabinieri del comando provinciale di Palermo questa mattina all’alba ha portato a otto arresti su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Il blitz di oggi è l’esito di un’indagine, denominata “Persefone”, seguita da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sulla famiglia mafiosa di Bagheria.
L’inchiesta ha permesso di evitare un omicidio che i vertici del clan stavano pianificando contro un pregiudicato locale. Le indagini hanno infatti subito un’accelerazione per sventare il piano omicida del clan che puntava a uccidere un uomo che, nonostante gli “avvertimenti”, aveva continuato a sfidare i vertici mafiosi.
Il boss emergente
Dalle indagini è stato possibile accertare che il ruolo di comando, ricoperto in una prima fase da Onofrio Catalano (detto ‘Gino’), sostenuto dell’allora capo mandamento Francesco Colletti (arrestato nel corso dell’operazione Cupola 2.0 e ora collaboratore di giustizia), era stato poi assunto da Massimiliano Ficano. Quest’ultimo, grazie al legame con il capomafia ergastolano Onofrio Morreale, aveva indotto Catalano a ridimensionare il proprio ruolo relegandolo in una posizione subordinata, con compiti legati esclusivamente alla gestione del traffico di stupefacenti, ma sempre sotto la supervisione del nuovo capo famiglia.
I due boss si sono così impegnati nel mantenere il controllo del territorio, imponendo le estorsioni e, soprattutto, assumendo la direzione delle piazze di spaccio di stupefacenti (nel cui ambito operano solo i soggetti ‘autorizzati’ da Cosa Nostra, tenuti a versare periodicamente una quota fissa dei profitti), ritenuta la principale fonte di profitto per le casse del sodalizio.
Le scelte operative erano però il frutto di una precisa strategia del capomafia Ficano. Quest’ultimo infatti, nel corso di una conversazione intercettata con un suo stretto collaboratore, affermava che le attività più remunerative per la famiglia mafiosa di Bagheria erano costituite dalla gestione di centri scommesse e dal traffico di sostanze stupefacenti. Attività che venivano controllate direttamente da lui, anche se non si esponeva mai in prima persona, delegando i suoi più fidati collaboratori.
Il provento dei delitti commessi serviva anche a provvedere al sostentamento dei familiari dei detenuti, dovere ‘sacro’ dei capimafia liberi.
Nonostante la scelta strategica di puntare su scommesse e stupefacenti, non è comunque venuti meno l’impegno nelle estorsioni nei confronti delle imprese impegnate nei cantieri locali, sia nel controllo del territorio anche attraverso la risoluzione delle controversie tra privati.
Le indagini hanno permesso di accertare, per esempio, una estorsione realizzata da Onofrio Catalano nei confronti dei titolari di un panificio di Bagheria, costretti a non produrre più dolci per non fare concorrenza a un bar gestito da un soggetto vicino alla famiglia bagherese di Cosa Nostra.