L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Champions League e l’incontro di oggi tra City e Real.
È il clasico della Champions. Almeno dei tempi contemporanei. La sfida tra Manchester City e Real Madrid è al terzo atto consecutivo. Nei due precedenti è stata una finale anticipata. Chi ha vinto, ha poi alzato la coppa. Due anni fa, il Madrid: con una rimonta che è patrimonio della storia del Bernabeu.
Due gol in due minuti – al 90’ e al 91’ – quando i Guardiola Boys già si vedevano negli spogliatoi a festeggiare. L’anno scorso, la rivincita e il dominio assoluto all’Etihad: 4-0 in una partita a senso unico. La prima grande vittoria europea di Pep sul rivale che gliel’aveva sempre incartata: nel 2014, a Monaco di Baviera, semifinale, il Real di Carletto gliene rifilò addirittura quattro in contropiede.
Torniamo a oggi. L’andata, a Madrid, è finita 3-3. Con i due calciatori più attesi, Haaland e Bellingham, che sono stati i più deludenti. Il cast è talmente ricco che non c’è timore di annoiarsi. È stato uno show. Con qualche errore difensivo, certo. Stasera a dirigere ci sarà Orsato il più europeo (oltre che il più bravo) dei nostri fischietti.
City-Real Madrid è Foden e De Bruyne versus Rodrygo e Vinicius. È il calcio che non conosce limiti di velocità. Ma è ovviamente e soprattutto il confronto tra Guardiola e Ancelotti.
Tempo fa, con un pizzico di rammarico, Sacchi sottolineò che Pep si portava addosso l’inquietudine che aveva caratterizzato tutta la carriera dell’Arrigo. «Carlo – disse – è molto bravo ed è molto intelligente ma a differenza di altri, anche mia e di Pep, non ha l’ossessione di andare oltre i propri limiti». Ancelotti non avrebbe mai tormentato a cena il campione di scacchi Kasparov, per citare uno degli aneddoti di Herr Pep la biografia del catalano. Forse, però, chi descrisse meglio il tecnico del Madrid fu Natale Bianchedi la cosiddetta spia di Sacchi: «Ancelotti? Intelligenza pratica e capacità di adattarsi alla realtà, qualità che apprese giocando con un ginocchio distrutto».
Intelligenza pratica cui anche Pep ha cominciato ad affidarsi visto che all’andata, quando il Real pressava alto e intenso, i suoi non esitavano a lanciare lungo in avanti. Con tanti saluti alla costruzione dal basso. Ideologi sì, fessi no. Il catalano ha rinunciato ai suoi proverbiali esperimenti tattici nelle partite chiave: ne ha perse troppe di coppe così. Si è tolto il vizio. Si gioca pure per la storia. Il City cerca il secondo triplete consecutivo, e Guardiola potrebbe agganciare Ancelotti a quota quattro Champions. Nessuno come Carletto l’allenatore che non riempie mai la bocca di sé. Ha cucito addosso a Bellingham un non ruolo che è arte contemporanea. E ha fatto sì che la sua esplosione sembrasse un evento scontato. Difficile dire quale dei due compiti fosse più complicato.