L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla locatione della finale di Champions League a forte rischio.
Niente finale Champions a San Pietroburgo. Niente Russia. E ci mancherebbe pure. Mentre Putin sferra il suo folle attacco all’Ucraina, e a Kiev si muore, sembra quasi paradossale parlare di calcio, ma il resto del mondo va avanti e c’è anche la Champions. L’ultimo atto, sabato 28 maggio, doveva svolgersi nello stadio Gazprom di San Pietroburgo. Qui la Juventus ha affrontato lo Zenit nei gruppi. Naturalmente non sarà così, per il terzo anno di fila si cambia sede. Deciderà stamattina l’Esecutivo d’emergenza convocato dal presidente Uefa Aleksander Ceferin. Sul taccuino ci sono tre o quattro possibili città ospitanti. Compresa Milano che ha ben organizzato a ottobre le finali di Nations League e ospitò la finale del 2016. E anche i playoff mondiali sono in bilico: Polonia (avversario in semifinale), Repubblica Ceca e Svezia infatti non vogliono giocare in Russia. Ma per ora la Fifa ha deciso di aspettare.
Ennesimo cambio Da giorni Nyon monitorava la situazione ma non poteva intervenire, come non sono intervenute le autorità politiche mondiali impegnate in un vano gioco diplomatico. Nella notte le prime esplosioni e subito la decisione: in Russia, paese in guerra, non si può giocare. Nel comunicato ufficiale: «L’Uefa condivide le preoccupazioni, condanna fermamente l’invasione militare ed è solidale con la comunità calcistica e il popolo ucraino». Nel 2020 e nel 2021 le finali dovevano essere a Istanbul, ma la pandemia ha obbligato a spostare Bayern-Psg 1-0 (Lisbona) e Chelsea-City 1-0 (Oporto), organizzate in pochi giorni. La città turca, meglio usare il condizionale, dovrebbe recuperare l’organizzazione nel 2024. Quest’anno entrano in gioco altre candidate. La lista non è molto ampia, considerata l’importanza dell’evento.
Difficile Inghilterra Il Portogallo è ancora tra le pretendenti per come ha svolto le ultime edizioni. C’è la Francia, Parigi, oggi politicamente non lontana dall’Uefa come club (il Psg è stretto alleato nella lotta alla Superlega), però molto distante sul piano federale: il presidente Le Graet è forse l’unico europeo d’accordo con il Mondiale biennale. Potrebbe essere un deterrente. Tra le sedi valutate c’è anche l’Italia, Milano. I rapporti Uefa-Figc sono ottimi e San Siro sarebbe una degna cornice per l’evento. Naturalmente dall’Inghilterra arrivano candidature interessate: Wembley, lo stadio del Tottenham, comunque occupato da altri avvenimenti in quella data. Il fatto che i club inglesi siano i più forti, e la finale possa essere tutta tra sudditi di sua maestà, non può trasformare le Champions in Coppa d’Inghilterra. Difficile uno spostamento oltremanica. Niente da fare all’Est, troppo vicino all’Ucraina.
Gazprom e playoff Ci sono altri problemi, dallo Zenit impegnato in Europa League contro il Betis Siviglia al contratto di sponsorizzazione della Gazprom per le coppe. Ma l’Uefa non vorrebbe punire gli sportivi e squadre che non hanno responsabilità. Ma da Bruxelles trapela l’ipotesi che, in conseguenza delle sanzioni, l’accordo con Gazprom possa essere sospeso. D’altra parte sarebbe imbarazzante presentare le partite con questo simbolo. Anche lo Schalke ha annunciato che non metterà più la scritta dello sponsor sulla maglia.
La Fifa aspetta La questione si allarga alla Fifa. Le federazioni di Polonia, Repubblica Ceca e Svezia hanno scritto a Infantino chiedendo i playoff di Qatar 2022 non si giochino in Russia vista «l’escalation militare» e la «mancanza di sicurezza». La Russia dovrebbe ospitare la Polonia il 24 marzo e, in caso, la finale con la vincente di Rep. Ceca-Svezia. Ieri il Consiglio Fifa ha condannato «l’uso della forza della Russia in Ucraina e ogni tipo di violenza per risolvere il conflitto». E il presidente Infantino: «È una situazione che ci preoccupa molto. Siamo in contatto con la federazione russa e con le altre federazioni. La Fifa continuerà a monitorare la situazione con riguardo ai playoff».