L’edizione odierna de “Il Secolo XIX” si sofferma sulla cessione della Sampdoria e riporta le parole dell’esperto di economia e finanza Marco Bellinazzo.
L’ingresso nella Sampdoria del Qatar Sports Investment, in sinergia con Manfredi e Radrizzani, è una possibilità sempre più concreta. Che potrà diventare realtà dopo il completamento dell’acquisto da parte di Aser Holding e Gestio Capital. «Per il Qatar sarebbe il primo sbarco in Italia, funzionale alla nuova strategia di espansione», spiega Marco Bellinazzo, giornalista de “Il Sole 24ore” e autore del libro “Le nuove guerre del calcio”. Dopo il mega-investimento del 2011 nel Psg e il Mondiale in casa, il Qatar ha un nuovo modus operandi.
«Sì, è vero. Sinora non aveva seguito la strada del City Group di Mansour, sceicco degli Emirati Arabi, della multiproprietà. A parte il Psg, aveva solo i belgi dell’Eupen, preso non dal Qsi ma da Aspire Foundation creata per formare giovani talenti per il Mondiale 2022. E poi c’era il Malaga, investimento di un singolo Al Thani. Negli ultimi mesi è mutata la strategia con l’ingresso nel Braga, in Portogallo con il 22%, una quota minoritaria e c’è un motivo: due club con lo stesso socio di maggioranza non possono partecipare alla stessa coppa europea. Per questa ragione si è frenato l’investimento nel Manchester United: si era interessato un membro della famiglia Al Thani, non il Qsi, ma avrebbe preso la maggioranza e si sarebbe proposto il problema della riconducibilità, seppur indiretta, alla stessa proprietà. Si guarda anche extra-Europa, al Santos: in Brasile due anni fa una riforma di Bolsonaro ha aperto agli investitori stranieri nel calcio».
Come mai tutto questo succede dopo il Mondiale? «E’ una nuova fase nella colonizzazione del calcio europeo. Da un lato c’è la concorrenza tra Paesi arabi e Stati Uniti che hanno 60 club in Europa. Dall’altro c’è il derby interno ai Paesi del Golfo. L’Arabia Saudita ha preso il Newcastle, ha già qualche altro club e in patria dopo Ronaldo si punta a Messi. Gli emirati Arabi hanno il City Group. Lo sbarco in Europa per questi Paesi ha due obiettivi: formare talenti sfruttando le strategie interne alla holding calcistica e usare il calcio come passpartout per entrare in contatto con economia e politica di stati esteri, è la soft power, uno strumento di politica estera. Il primo caso fu Abramovich al Chelsea. Poi lo hanno fatto i cinesi, gli americani e ora gli arabi. Al Khelaifi, numero uno del Psg e braccio destro dell’emiro Al Thani, dopo il caso-Superlega è diventato presidente dell’Eca, è uno dei governatori del calcio europeo. Il football è un asset fondamentale per rinnovare l’immagine di questi Paesi nel mondo».
La Samp può essere il club giusto per il Qsi? «Sì. Il City Group ha preso il Palermo e il Qatar può rispondere con la Samp. Avevano valutato altri club ma la relazione personale tra Radrizzani e Al Khelaifi, può dare la spinta decisiva per un ingresso nel club come nel Braga. Sarebbe il primo approdo nel nostro calcio, un fatto significativo seppur mitigato dalla presenza di investitori italiani anche se con profilo internazionale. E sarebbe una buona notizia per i tifosi sampdoriani, una garanzia di solidità: si volta pagina in maniera radicale».
Come opereranno? «Non bisogna aspettarsi che arrivi Neymar. L’investimento principale resta il Psg. A Braga si sono affidati a competenze locali ma hanno avuto ottimi risultati, con il 3° posto. Rispetto a prima gli sceicchi sono molto meno sprovveduti negli investimenti, il Newcastle è tornato in Champions ma senza spendere come il Chelsea americano. Però ci saranno investimenti importanti, un progetto tecnico e magari giovani talenti del Psg potranno venire a giocare nella Samp. È giusto essere consapevoli delle finalità anche extra-calcio di questi investimenti ma con loro il rischio-default sarà totalmente superato».