Il direttore generale del Catanzaro, Paolo Morganti, ha concesso un’intervista esclusiva alla Gazzetta del Sud, offrendo uno sguardo approfondito sulla situazione attuale del club giallorosso. Dalla costruzione di un’identità di squadra alla riqualificazione dello stadio, Morganti ha parlato di progetti, ambizioni e della sinergia con la proprietà e lo staff tecnico. Un’analisi lucida e ambiziosa che mette in evidenza il lavoro dietro le quinte per portare il Catanzaro a nuovi livelli, dentro e fuori dal campo.
«Teniamo conto che è un anno di riforma e ricostruzione, quindi è normale all’inizio dover trovare un’identità. In questo momento stiamo ancora percorrendo la strada per definirne una nostra, ma il lato positivo è che, delle squadre incontrate finora, nessuna ci ha messo sotto. Vuol dire che il valore dei ragazzi c’è, e pure che c’è sempre stata una reazione, per ultimo a Reggio Emilia in una gara oggettivamente dominata per gioco e occasioni. La squadra ha solidità difensiva e il mister sta lavorando molto sulla parte offensiva, ne stiamo vedendo gli effetti. Squadra? Tecnicamente li conoscevo tutti, mi hanno impressionato sul piano umano, hanno tutti voglia di far bene e si sono tutti a messi a disposizione dell’allenatore. Caserta è bravo, ha grande empatia con i calciatori, è trasparente e pratico, nella gestione delle persone questo è un fattore molto positivo».
LUI E POLITO «Siamo complementari, io faccio il mio e non ho mai guardato alla parte sportiva. Di quella se ne occupa Ciro, egregiamente, e devo dire che vedo in lui quello che molti ds oggi hanno perso, cioè la capacità di interagire coi calciatori ed entrare nello spogliatoio».
CATANZARO «Mi ha convinto il presidente Noto, credo molto alle persone e ai progetti, lui da ingegnere è sempre stato molto razionale nel rappresentarmi ciò che è il club, e cosa potrà diventare. Mi sono messo in gioco in una realtà importantissima per la B, come dimostra il seguito in casa e trasferta: le famiglie che vanno in curva anche lontano dalla Calabria era una cosa che non vedevo da anni, è un fattore molto positivo e segna la maturità di questa tifoseria. Quanto alla città, la qualità della vita è alta soprattutto nelle zone costiere. Mi trovo molto bene, la gente è disponibilissima, al di là della viabilità che all’inizio ho faticato a conoscere».
L’OBIETTIVO «Per me è fondamentale creare un’identità del club che sia riconoscibile all’interno del club e ovviamente anche fuori. Quando avverrà questo vorrà dire aver lavorato bene, ma la vera differenza fra la Juve e un po’ tutte le società italiane è che, a livello organizzativo, si raggiunge l’obiettivo quando si previene un problema e non si interviene su un problema».