Catania, il rischio crac e il paradosso: sarà il virus a dare un pò di “ossigeno” alla società

Secondo quanto riporta “La Sicilia”, paradossale e sorprendente dover oggi affermare che il Coronavirus fornirà al Catania Calcio “ossigeno” per la sopravvivenza almeno sino al prossimo autunno. Tira un sospiro di sollievo Giuseppe Gitto, legale della squadra etnea (domiciliata proprio nel suo studio), che non dovrà difendere la società da decreti ingiuntivi, esecuzioni, cause e istanze di fallimento. Respira anche Giorgio Sangiorgio, presidente dell’ordine dei commercialisti e consulente fiscale e contabile dei rossazzurri, che non dovrà approntare documenti contabili a supporto di procedure concorsuali finalizzate al salvataggio della squadra. Respirano Gianluca Astorina e Giuseppe Di Natale, presidente il primo e ad il secondo, che potranno dedicarsi alle esigenze reali del team anziché correre appresso a pignoramenti, sequestri e procedure fallimentari. E respirano tutti i tifosi che possono sperare in un orizzonte di tempo più lungo che consenta a qualche milionario di innamorarsi del club che dal 1946 è nel cuore dei catanesi. Sì, proprio perché, questo è il punto, per il sodalizio etneo, soffocato da debiti a sette zeri da coprire in tempi celeri (tasse, banche, fornitori) e un ultimo bilancio che riportava in un solo anno perdite per oltre sette milioni di euro, non bastano cordate di piccoli imprenditori disposti ad investire qualche euro né proclami di «salvatori della squadra» e soggetti “interessati” che però non siano disposti (o non abbiano) decine di milioni di euro da investire e non per l’acquisto del club (che in questo momento verrebbe venduto ad un euro simbolico), bensì per il pagamento dei debiti (diverse decine di milioni) e per assolvere i costi annui pari a circa (a vedere i bilanci passati) sette milioni per stagione calcistica a fronte di entrate tra abbonamenti, sponsorizzazioni e diritti televisivi per meno del 10% dell’occorrente. Ma torniamo al punto: uno dei tanti provvedimenti emanati per arginare l’emergenza sanitaria in atto, il D.L. 23/2020 , «decreto di liquidità», dispone che non è possibile depositare da parte di creditori istanze di fallimento se non dal mese di luglio, e ciò salvo ulteriori proroghe (delle quali già si parla). Non va meglio ai creditori o a coloro che debbono prima far valere le loro ragioni in giudizio civile poiché le diverse e disarticolate sospensioni dei termini processuali e di udienza vigenti già da marzo nei fatti, sommati ai tempi della macchina giudiziaria, non fanno prevedere tempi celeri anche perché al termine di queste sospensioni, pur se non prorogate, ci si troverà a luglio e dunque davanti alle ferie estive (e giudiziarie), con ulteriore slittamento al prossimo autunno. E questo fermo varrà sia per i commissari della Meridi, che non potranno prima di tale data richiedere l’inefficacia dell’abbuono dei crediti vantati nei confronti del Calcio Catania, e la loro conseguente restituzione, sia per tutti gli altri creditori, che non potranno richiedere l’intervento del tribunale fallimentare per salvare il salvabile attraverso una procedura concorsuale che appare ormai certa, salvo l’intervento di qualche facoltoso imprenditore che intenda rilevare la squadra (la quale, come già sentenziato dalla società di revisione Trevor che si è rifiutata di certificare il bilancio, ha un patrimonio netto negativo di oltre un milione). Dunque, nella partita tra il Catania e i creditori il secondo tempo potrebbe cominciare il prossimo autunno, tranne che l’arbitro, cioè la Procura, decida di interrompere prima le ostilità, avendo già ottenuto lo scorso gennaio la dichiarazione dello stato di insolvenza della Meridi, società del patron Pulvirenti, e la nomina dei commissari che provvederanno a riscuotere i crediti (tra i quali anche quelli abbuonati al club rossazzurro: operazione, questa, antieconomica, che in molti hanno indicato come causa di dissesto della società). I magistrati, non appena chiuse le indagini in corso, potranno decidere di depositare istanza di fallimento per gli oltre 15 milioni di debiti tributari per imposte non pagate, che gravano sul club etneo. Questo perché il medesimo decreto che paralizza la presentazione delle istanze di fallimento esclude quelle presentate dalla Procura, che può sempre attivarsi. E se lo farà saranno guai.

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Redazione Ilovepalermocalcio