Catania, BOB Liuzzo al lavoro per il nuovo logo: «Il club deve innovarsi e diventare un brand»

Giuseppe Liuzzo, in arte BOB Liuzzo, è un Graphic Designer, nato a Catania, ma che da anni vive a Milano. Nella sua carriera vanta anche prestigiose esperienze negli Stati Uniti, ma nonostante tutto non ha mai dimenticato la sua Catania. E, non a caso, come spiega ai microfoni di Catania Channel, per il club etneo ha realizzato diversi progetti, tra cui “Catania Project” nel 2015. Ecco le sue parole:

«Si tratta di un simbolo “indipendente” di Catania. Credo però che per capire Catania Project bisogna prima capire questa città. Il problema però è che Catania non l’ha mai capita nessuno. È una città unica in Sicilia che si perde in una comunicazione della città che non corrisponde alla realtà. Il problema di Catania è che è piena di simboli, che però spesso, invece di unire, dividono. Credo che la vera essenza di questo territorio siano l’Etna e il mare. Sono elementi che uniscono tutti, sia turisti che locali. Quando ho presentato il progetto, mi è venuta l’idea di farlo sottoforma di maglia del Calcio Catania per sfruttare il legame emotivo che lega la squadra alla sua città di appartenenza. Quindi il primo prototipo fatto per far capire questa simbiosi è stata proprio una seconda maglia per il Calcio Catania, la quale ha ricevuto grandi apprezzamenti. Se sono al lavoro per creare un nuovo logo per il Catania? Con Fabio Pagliara c’è stato un dialogo molto informale, nulla più. Più che un nuovo logo c’è da fare un nuovo posizionamento integrale di quella che è la percezione della squadra, partendo anche dal suo nome. Io ho fatto delle proposte, sto un po’ giocando sui social pubblicando vari modelli. A differenza della cosiddette “strisciate” come può essere la Juventus, la forza di squadre come il Catania è il fortissimo legame con il territorio cui appartengono. Legame che, però, non deve essere un limite all’evoluzione. Il logo non deve solo fare contenti i catanesi, soprattutto quelli più attaccati al passato. Non c’è cosa peggiore di una società troppo subordinata ai suoi tifosi e con paura di innovarsi. L’obiettivo è fare un logo distintivo, che porti il Catania a cambiare la sua nomina in ambito nazionale. Ad oggi, infatti, quando oltre lo stretto si parla di Catania, si tende a sottolinearne l’allontanamento dal calcio che conta. Pertanto credo che per fare un restyling del logo non serva una gara nella quale la società non abbia voce in capitolo. La società, invece, deve essere presente nelle scelte, senza paura di dare vita ad un processo di innovazione e cambiamento rispetto al passato. Ma attenzione: innovazione è un concetto che passa dal pescare dal passato; non dal copiarlo, bensì dal reinterpretarlo. Non non siamo i tifosi che il Catania aveva tempo fa, non siamo i nostri padri, i nostri nonni, che tra l’altro erano poco inclini al cambiamento rispetto ad oggi, dove invece vedo molta propensione al cambiamento seppur con gusti discutibili. Il Catania possiede degli elementi iconici che non ha mai saputo sfruttare al massimo. Se ci pensate le maglie del Catania sono più comprate in formato non originale rispetto al formato originale, e questo significa che c’è da fare un grande lavoro che invogli il tifoso a comprare maglie originali. In sostanza dico che il Catania non ha bisogno di un logo nuovo ma di una intera strategia nuova, ha bisogno di una direzione artistica nuova, ha bisogno di imporsi di far vedere che ha voglia di comunicare questa squadra nel calcio che conta. Ritengo che il numero importante non sia 11700 bensì 1946: è quello su cui dobbiamo puntare. Il Catania ha dei colori, in primis l’azzurro, che non ha mai sfruttato a dovere. La società non dovrebbe permettere di vendere nelle bancarelle sciarpe con il colore blu al posto dell’azzurro. Quindi dico che il Catania deve dare vita a un vero e proprio brand, che gli permetta di andare oltre la dimensione locale. Vi lancio una provocazione: far scendere in campo il Catania con una maglia completamente bianca per far passare il messaggio di una ripartenza da zero, di una ricostruzione e di un volere dire che quei colori – il rosso e l’azzurro – ce li dobbiamo guadagnare prima di riconquistarli. Chi compra la società deve meritare di riavere ciò che c’era prima. Questo farebbe parlare del Catania anche in campo internazionale. In questo modo si potrebbero addirittura risparmiare dei soldi e nello stesso tempo andare a guadagnare. Il “no logo”, ovviamente temporaneo, a volte è molto più forte del nuovo logo perché fa parlare di sè».