L’edizione odierna de “Il Messaggero” ha riportato un’intervista a Simone Montanari in merito alla sua squalifica proprio per scommesse.
Tutto cominciò con una partita della Coppa Titano, la coppa nazionale sammarinese. Il 15 marzo 2017 si giocava San Giovanni-Virtus, finita 1-0 per l’autogol di Andrea Righi, che aveva avuto un alto flusso di scommesse a San Marino, in Sicilia e Campania con vincite superiori ai 300mila euro.
Due settimane dopo venne aperta l’inchiesta sul calcioscommesse con la collaborazione della Procura di Catanzaro, che trasmise gli atti a Forlì. Ci furono anche arresti, su tutti Armando Aruci, attaccante albanese della Virtus prelevato il 20 maggio 2017 davanti al San Marino Stadium.
L’11 gennaio 2018 vennero condannati 24 dei 27 tesserati deferiti (presidenti, dirigenti, direttori sportivi, allenatori e giocatori) e 6 società, con pene fino a 4 anni e 7mesi. Coinvolto anche il portiere Simone Montanari, cesenate residente a San Marino, 43 anni, psicologo in una struttura privata per anziani e psichiatrici. Si prese 3 anni e 9 mesi di squalifica, più 4.750 euro di multa. Ha avuto una buona carriera in Italia, tra il Perugia in Serie A con Castagner. Boskov e Mazzone, poi in C con Arezzo, Viareggio, Mestre e San Marino, dov’è rimasto fino a vincere il Pallone di Cristallo nel 2009 (massimo riconoscimento) con uno scudetto con La Fiorita e in campo nei preliminari di Champions League e di Europa League.
Cosa pensa di quanto sta venendo fuori in Serie A? «La situazione è molto analoga a quella che abbiamo vissuto a San Marino. Penso che la cosa venga in gigantita, ci vuole più prudenza e rispetto per i ragazzi che sono stati tirati in ballo. Le persone che hanno sbagliato è giusto che paghino, ma bisogna essere chiari: nel calcio scommesse una cosa è l’illecito sportivo per truccare una partita pilotandone l’esito, mentre un’altra è chi scommette anche se il regolamento sportivo lo vieta, mentre sul piano giudiziario è un reato amministrativo solo scommettere sulle piattaforme illegali. Tutta questa gogna non va bene».
È stato ludopatico? «Lo sono stato e ho smesso dopo quello che mi è capitato, probabilmente per paura avendone avuta davvero tanta. Quando scommetti non sei consapevole: l’aspetto peggiore è il craving, ovvero il pensiero costante di dover fare la scommessa che è più grave del giocare in sé. Io scommettevo su tutto, tranne che sulle mie partite».
Come lo è diventato? «Con la maggiore età, un po’con gli amici e un po’ da solo. C’è un battage pubblicitario enorme, c’è chi lo vuole combattere e chi lo sponsorizza. Per me è nato spontaneamente, diventando quel che si dice una dipendenza senza sostanze».
In che modo ne è uscito? «Quando è scoppiato il caos ho vissuto momenti di panico, non ci dormivo. Questa cosa mi ha portato a smettere, è stato l’aspetto positivo. Non avevo nulla da nascondere dal punto di vista giudiziario quando sono emerse storie di combine, poi da lì si è aperto il filone della giustizia sportiva e sapevo che non avevo rispettato le regole».