Caso scommesse, parla l’ex portiere Paoloni: «Un compagno mi mostrò un’app, un po’ come Fagioli con Tonali. Ho perso tutto»
L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” ha intervistato Marco Paoloni, portiere con una discreta esperienza in Serie B che si è bruscamente interrotta nel 2011, quando viene accusato di aver messo sonnifero nelle bottigliette d’acqua dei compagni della Cremonese per condizionare il risultato di una partita.
Ecco le sue parole:
«Ero compulsivo, giocavo su tutto. Ma non mi sono mai venduto una partita, mai! Ero giovanissimo, non mi mancava nulla e mi sentivo onnipotente. In campo avevo quell’ansia da prestazione che era pura adrenalina. Fuori cercavo la stessa scossa, ma ero limitato dalla mia ex moglie che mi controllava dappertutto, anche in bagno. Nelle scommesse ritrovavo quella sensazione ed era un mondo tutto mio, bastava un clic, nessuno mi vedeva… Non era dunque tanto una questione di denaro. Solo chi si vende le partite lo fa per questo. Il fatto è che non mi sono reso conto di aver superato il limite. Ero arrivato a stare sveglio di notte e il divertimento si è così trasformato in malattia. Ero diventato ludopatico».
L’ex portiere ha raccontato di aver giocato «in tre anni circa 600 mila euro», a fronte di uno stipendio da «200 mila all’anno». Paoloni ha spiegato: «Ho iniziato ad Ascoli con un compagno di squadra che mi fece vedere un sito, un po’ come Fagioli con Tonali. Io non lo sapevo ma dietro c’era la malavita, tutto partiva da Singapore». L’ex calciatore non è mai stato condannato per l’accusa del sonnifero: «Prescritta – ricorda nell’intervista – . Risultato: radiato senza aver subito condanne. Ho smesso di giocare a 27 anni, quando è arrivata l’assoluzione ne avevo 39 ed ero troppo vecchio per rientrare. Il mio caso dovrebbe insegnare prudenza perché si rischia di rovinare carriere e famiglie per poi magari scoprire che c’è poco o nulla. Mi sento vicino a questi ragazzi, dico una sola cosa: fatevi subito aiutare».